THE PENITENT

Locandina Un film di Luca Barbareschi. Con Luca Barbareschi, Catherine McCormack, Adam James, Adrian Lester, Robert Steiner (II), Douglas Dean, Fabrizio Ciavoni, Cherish Gaines. Genere Drammatico - Italia, 2023. Durata 120 minuti circa.


Trama

Carlos David Hirsch è uno psichiatra ebreo che esercita a New York che si trova al centro di un processo mediatico che rischia di mettere fine alla sua attività professionale. Un suo giovane paziente ha commesso una strage dichiarandosi poi gay. Un quotidiano ha riportato erroneamente una definizione dell'omosessualità pubblicata in un libro del terapeuta scatenandogli contro una parte dell'opinione pubblica. Se a ciò si aggiunge che Hirsch si rifiuta di testimoniare in tribunale in favore del paziente, nonché di consegnare i taccuini su cui ha preso appunti sulle sedute l'avvocato e amico che lo sostiene teme di poter fare ben poco in suo favore.
Luca Barbareschi porta sullo schermo un testo teatrale di David Mamet che nella trasposizione non perde di efficacia.
Barbareschi sulla scena italiana si presenta da sempre come un uomo di spettacolo che non si sottrae alle polemiche, anche molto vivaci, quando addirittura non ne accende la miccia. È quindi necessario avvicinarsi a questa sua regia sgombrando il campo dai pregiudizi che la sua personalità può suscitare. Se si è in grado di compiere questa operazione di onestà intellettuale sarà allora più facile capire che, pur potendo non condividere tutte le sue prese di posizione, questo è un testo di spessore che pone interrogativi non di poco conto.
Peraltro la sceneggiatura è di David Mamet, scrittore, sceneggiatore e regista di cui la critica internazionale riconosce da sempre il valore. Il personaggio dello psichiatra che Barbareschi interpreta non è del tutto di invenzione perché si rifà a un caso che negli Stati Uniti, a partire dal 1969, è stato al centro della cronaca nonché nel dibattito in tema di legislazione. I genitori di Tatiana Tarasoff, una giovane studentessa uccisa da un coetaneo, fecero causa al terapeuta che aveva in cura l'omicida accusandolo di non averli avvertiti delle intenzioni del suo paziente. Ne nacque un dibattito che ha portato una definizione sul piano legislativo che lascia ancora ampi margini di opinabilità.
Su questo elemento di base il testo ne innesta altri che meritano una riflessione. Innanzitutto sul ruolo dei media che possono, con un errore di trascrizione, mettere alla berlina una persona. Hirsch aveva scritto in un suo libro "L'omosessualità come adattamento" divenuto su un quotidiano "L'omosessualità come aberrazione". Non c'è poi smentita che tenga: la sua messa in discussione finisce con il superare quella dell'operato del paziente stragista. Se a questo poi si aggiunge la forte identità religiosa ebraica che Mamet dà al protagonista, unita al cognome che è quello della madre del regista che lo abbandonò all'età di sette anni, si può comprendere come Barbareschi faccia proprie le scelte del suo personaggio. Il rapporto con la fede che può avere un convertito diviene a un certo punto il focus dell'incontro scontro di un campo controcampo verbale fra lui e il pubblico ministero. Così come non manca un'accesa riflessione sulla cancel culture quando si propone come estremizzazione di esigenze basilarmente ineccepibili. Con tutto ciò Hirsch non esce dal film come il paladino senza macchia e senza paura, eroico portatore di idee che vanno contro il mainstream del conformismo anticonformista. Gli viene lasciata più di una zona d'ombra che lo riporta alla condizione di essere umano in cerca di certezze ma (o proprio perché) attraversato da dubbi e contraddizioni. Il verbo più utilizzato in quest'opera è "I understand", "Capisco". Si tratta dell'attività più complessa da mettere in atto sia nei confronti degli altri che di sé stessi e quindi difficile da dichiarare con assertività. I personaggi di Mamet lo sanno bene anche se fingono di non saperlo.