HOPPER - UNA STORIA D'AMORE AMERICANA

Locandina Un film di Phil Grabsky. Genere Documentario - Gran Bretagna, 2022. Durata 94 minuti circa.Un doc sulla grandiosità di HopperIl pittore che più di ogni altro ha saputo raccontare la geografia delle emozioni, la solitudine, il silenzio e l'attesa.di Rossella Farinotti


Trama

Le opere pittoriche di Edward Hopper hanno sempre rappresentato un momento particolare della storia dell'arte. Il film di Phil Grabsky inizia proprio da qui: dal contesto storico in cui un talento americano sviluppa i primi passi nel mondo dell'arte. Nei primi del novecento, quando il giovane studente americano inizia a dipingere le sue tele di piccole dimensioni, e a creare illustrazioni che narravano il quotidiano, le avanguardie artistiche si stavano facendo strada attraverso sperimentazioni e forti rotture formali ed estetiche. È il momento di Duchamp, Picasso e degli altri. E Hopper, consapevole di ciò che accadeva intorno a lui, decide di rappresentare le città, le case, ritratti di donne solitarie e indipendenti, alla maniera degli impressionisti - che aveva visto e assorbito vivendo a Parigi, città che amava -, ma con un rigore nell'inquadratura, quasi cinematografica, e nella resa del colore (sia quello a olio, che acquarello, fino al disegno), che lo esula da qualunque corrente, da qualsiasi movimento artistico.

Hopper è, dunque, un creatore solitario. Di origine borghese, con una madre fortemente cattolica, Edward studia arte a New York, per poi andare - con il rigido benestare della mamma - a studiare a Parigi, dove guarda la grande città luminosa e speciale, non frequenta il mondo bohémien dell'arte, e vive un amore non corrisposto, che dura per dieci anni. Questo episodio della sua vita, testimoniato da lettere recentemente scovate, segna il percorso psicologico dell'artista, già di carattere solitario e introspettivo. A Parigi raccoglie il bello, per poi rientrare a New York, dove le strade, le luci e le ombre, il ponte di Brooklyn, i bar, le figure solitarie che si aggirano per le strade, diventano fonte di ispirazione per la sua pittura. Dalla vita privata, dove emergono aspetti intimi e personali, fino al meticoloso studio della pittura, il documentario rappresenta un'accurata e profonda analisi della produzione di Hopper e della sua vita.
Le immagini si soffermano sulle opere pittoriche con lentezza e dedizione: è l'escamotage del regista che narra l'Edward umano in dialogo con l'artista, puntualizzando gli aspetti buoni e quelli più oscuri, partendo spesso dai soggetti ritratti. La figura femminile, ad esempio, è fondamentale nel lavoro di Hopper. "Summer interior" (1909), oggi in collezione al Whitney Museum di New York, rappresenta una donna seduta a terra, con il volto nascosto, che guarda in basso. La figura indossa solamente una maglietta succinta; ha appena terminato, probabilmente, l'atto sessuale; un atto carnale, forse violento, che l'ha ferita e abbandonata ai piedi di un letto in una camera d'hotel. Alcuni studiosi hanno interpretato questa figura come autobiografica, viene raccontato nel film. Hopper si è sentito violentato, abusato, addolorato. E si è ritratto nei panni di una figura femminile. Ecco che gli episodi e le narrazioni del pittore non sono solamente degli spaccati di realtà, ma indicano sempre una forte introspezione. Solitudine, tempo che si è fermato, incomunicabilità, tagli espressivi speciali, segnali misteriosi... di questi elementi sono composte le tele di Hopper. Il pittore che rappresenta l'idea del quotidiano. I paesaggi apparentemente freddi e vuoti - si pensi agli iconici ritratti di case (forse le sue opere più riconoscibili e note) - che hanno sempre il titolo di chi le vive. Le case americane, da quelle in mattoni newyorchesi, fino alle ville di fine ottocento di Cape Cod, sono dipinte come in una fotografia, ma dove ombre e luci, minuziosamente dipinte, e i colori che richiamano le diverse tonalità del giorno o della notte, sono rappresentazioni di stati d'animo. Come in un film di Hitchcock, da cui Hopper attinge tantissimo e, viceversa, da cui il regista inglese realizza un tributo per l'iconica casa di Psycho, il fruitore di un dipinto di Hopper percepisce una storia, intuisce l'umano, seppure non lo vede. La capacità narrativa che Edward Hopper inserisce in pochi, scarni, studiati elementi, è straordinaria. L'immaginario del film gioca tra reale e rappresentato: alcuni dipinti di Edward prendono vita, o viceversa, ritornano fotografie o riprese reali. Casa Haskell (1924) è ripresa dal vivo, per poi trasformarsi in dipinto; e così alcune delle ville dipinte da Cape Cod, fino a Gloucester: il documentario gioca tra immagini in movimento e quelle, invece, disegnate dall'artista.
Una delle opere più famose è "I nottambuli" ("The nighthawks") (1942), custodito all'Art Institute di Chicago. Qui Hopper dipinge un interno di un bar. Non ci sono elementi distintivi. Nel film una voce narrante femminile racconta i singoli soggetti e ogni dettaglio, e il regista si sofferma sulle immagini per diversi minuti, focalizzandosi sull'intera scena d'interno come in una vera e propria narrazione cinematografica. La scena appare quasi metafisica: si scorge l'interno dove una donna dai capelli rossi è vicina a un uomo che fuma una sigaretta. Il barista sta, forse, preparando qualcosa. Alle sue spalle due grandi contenitori di acqua, o caffè. E, ripreso dalle spalle, c'è un'altra figura maschile. La vetrina del locale è molto grande. Non ci sono aperture, porte, o finestre da cui uscire. La strada, probabilmente di New York, ha un taglio particolare, morbido, misterioso, i toni sono verdi. Quest'opera è stata ripresa, nel corso della storia, da registi (si pensi al cinema noir, quanto ha attinto dalle vedute e dalle atmosfere di Hopper!), fino a parodie (persino i Simpson popolano il bar di "The nighthawks").
Queste figure misteriose hanno sempre fatto parte dell'immaginario documentativo di Edward Hopper, sin dai primi dipinti. Si pensi a "Soir bleu" (1914), uno dei primi lavori analizzati nel film: una pittura giovanile dove l'influsso impressionista è tangibile: il protagonista è un clown, probabilmente l'artista stesso; oppure, qualche anno più in là, "Morning in a city" (1944), dove una donna è seduta a una tavola calda, da sola, e beve una tazza di caffè. Come già scritto, le figure femminili ricorrono tantissimo nei dipinti di Hopper. La modella era sempre sua moglie, ex compagna di studi e, successivamente, suo supporto e manager per tutta la vita. Josephine Nivilson era una pittrice. I suoi dipinti e disegni in acquerello non avevano da invidiare a quelli di Edward. Ma la personalità del marito la assorbe. La donna, consapevole e attenta, viene travolta dalla solitudine e dal carattere duro di Hopper, tanto da dichiarare il suo fallimento come pittrice. Da New York a Cape Cod i due non si lasciano mai. Tra competizioni, conflitti, viaggi ispiratori e amicizie coltivate solo da Josephine, Hopper dipinge sempre. Pochi dipinti all'anno, a volte anche solamente due. Le illustrazioni e i disegni ad acquerello, invece, vengono realizzati quotidianamente. Spesso, però, Hopper li distruggeva. Umano e artista; bene e male; rapporto con l'altro e con la donna: Hopper. Una storia americana va in profondità nell'analisi di Hopper, analizzandone gli aspetti più privati. Grabsky fa intervenire professionisti dell'arte che raccontano di Hopper attraverso le più diverse angolazioni. Il direttore del Whitney e la curatrice del reparto dei disegni del museo americano, ad esempio, ne esaltano la tecnica e la qualità di osservazione; la direttrice del Museo di Cape Cod, invece, sottolinea il rapporto con la moglie. Perché Edward, di fatto, ha dedicato tutta la vita solamente alla carriera, ai dettagli che lo circondavano, a quei paesaggi americani a cui, nel bene e nel male, ha dedicato "una storia d'amore americana".
Il film traccia anche la produzione artistica di Hopper è dunque esigua e rintracciabile in pochi musei e istituzioni al mondo. Dalla National Gallery di Washington, fino a Chicago o al Moma. Piccole tracce di bellezza, di paesaggi americani, di riflessioni visive e introspezioni dell'anima, soprattutto femminile; i tetti, gli abbaini, i campi, le pompe di benzina, i bar semi vuoti, i colori accesi degli abiti delle donne, gli sguardi e pose immobili rivolte all'esterno.... questi sono i frammenti che Hopper ha, traccia dopo traccia, lasciato nel suo percorso, da pittore rigoroso di un quotidiano immobilizzato.