ERAVAMO BAMBINI

Locandina Un film di Marco Martani. Con Lorenzo Richelmy, Alessio Lapice, Lucrezia Guidone, Giancarlo Commare, Francesco Russo, Romano Reggiani, Massimo Popolizio, Andrea Arru, Francesco La Mantia, Paola Lavini, Francesco Manisi, Vincenzo Ferrera, Lucio Patané, Claudia Coli, Maria Letizia Gorga, Daniele Parisi, Riccardo Antonaci. Genere Drammatico - Italia, 2024. Durata 101 minuti circa.Una storia di amicizie e di vite spezzateUna storia di amicizia; ma anche una storia di vite spezzate, di sangue e di un feroce e doloroso countdown durato vent'anni in attesa di una vendetta che appare inevitabile.di Paola Casella


Trama

Gianluca è un poliziotto con tanta rabbia dentro e una gran voglia di menare le mani. Margherita è una giornalista che si concede a chiunque in incontri sessuali frettolosi e senza futuro, e suo fratello minore Andrea è un tossico pronto a tutto pur di procurarsi una dose. Walter è una star del rock con il nome d'arte Inferno, e ha una figlia che vede di rado dopo il divorzio dalla moglie. Infine Antonio fa il postino nel paese di San Severino dove tutti lo ritengono "un po' strano". Un giorno Gianluca manda un sms a Margherita, Walter e Antonio che dice: "Domani torno in Calabria. Lo voglio fare. Chi c'è c'è", invitando quelli che erano i suoi amici più cari quando erano ancora dodicenni a riesumare un passato che tutti loro hanno cercato di dimenticare, ma che ha condizionato pesantemente le vite di ognuno.
Eravamo bambini è diretto da Marco Martani, già autore di fiducia di Fausto Brizzi fin dai tempi di Notte prima degli esami ma anche di tanti "film di Natale" di Neri Parenti, e scritto insieme a Massimiliano Bruno sulla base del monologo teatrale "Zero" firmato da quest'ultimo. La trama del film ricorda quella di Sleepers, ovvero la riunione a scopo vendicativo di un gruppo di ex bambini con un passato traumatico ineludibile che, diventati adulti, scelgono la strada della vendetta. E lo sforzo è quello di intersecare le tre linee narrative temporali e svelare a poco a poco i pezzi di un puzzle che lo spettatore è chiamato a ricomporre per capire che cosa sia effettivamente successo in una tragica notte del passato di questi amici che, dopo l'accaduto, non si sono più incontrati.
Il problema principale nasce proprio qui: nel fatto che tutto ciò che è successo fra l'evento traumatico e il presente non viene mai raccontato, nemmeno per sommi capi, creando un buco drammaturgico davvero difficile da comprendere, all'interno di una struttura narrativa che invece avrebbe l'ambizione (legittima) di creare un meccanismo crime a tenuta stagna. Se l'incipit è intrigante, con Antonio colto dalla polizia durante un appostamento notturno armato di un lungo coltello, la presentazione successiva degli altri personaggi diventa poco convincente, con caratterizzazioni estreme e una recitazione uniformemente forzata non per colpa di un cast di per sé valido, ma una direzione che spinge sulla artificiosità della messinscena, senza però poi supportarla con una solidità narrativa di genere completamente credibile. Ad esempio, come può passare inosservato l'arrivo del gruppetto degli amici a San Severino, un paesino in cui tutti sanno tutto di tutti e tutti si domandano subito "a chi appartieni?", e dove la sorveglianza della criminalità locale sui nuovi arrivati è capillare - soprattutto se questi "forestieri" si segnalano fin da subito come "corpi non del tutto estranei"?
Altri elementi si aggiungono a rendere difficile la sospensione di credibilità: dalla moltitudine di accenti dei personaggi teoricamente cresciuti almeno fino ai 12 anni in Calabria alle linee temporali che si intersecano in modo eccessivamente complicato alla caratterizzazione contraddittoria del personaggio di Peppino, il quinto amico del gruppetto originario di amici di San Severino (che aveva Andrea, più piccolo, come sesta "mascotte"). Un paio di svolte narrative sono interessanti, soprattutto verso il finale, ma l'improbabilità dell'insieme mina la riuscita della storia (e la rappresentazione uniformemente negativa dei calabresi rischia di suscitare polemiche).
Peccato perché la regia offre spunti interessanti, la fotografia di Valerio Azzali è di atmosfera e il montaggio di Luciana Pandolfelli aderisce alla storia; ma un crime noir non può permettersi di avere un'ossatura mancante di un pezzo centrale essenziale per rispondere alla domanda, nemmeno marginalmente affrontata: come sono approdati i dodicenni calabresi protagonisti dell'evento traumatico dai primi anni Duemila al presente? E perché nessuno sembra accorgersi della loro presenza quella notte?