FINALMENTE L'ALBA

Locandina Un film di Saverio Costanzo. Con Lily James, Rebecca Antonaci, Joe Keery, Rachel Sennott, Alice Rohrwacher, Willem Dafoe, Sofia Panizzi, Carmen Pommella, Giovanni Moschella, Enzo Casertano, Michele Bravi, Benjamin Stender, Andrea Ottavi, Eric Alexander, Marco Gambino, Giuseppe Brunetti, Gabriele Falsetta, Michele Melega. Genere Drammatico - Italia, 2023. Durata 119 minuti circa.Il primo film internazionale di Saverio CostanzoUn'aspirante giovanissima attrice negli studi di Cinecittà degli anni '50: la ragazza vive ore memorabili che segneranno il suo passaggio all'età adulta.di a cura della redazione


Trama

Roma, anni Cinquanta. La diciottenne Mimosa si reca a Cinecittà con la sorella per partecipare ai provini delle comparse di un kolossal americano girato all'epoca della Hollywood sul Tevere, e a sorpresa viene scelta per un ruolo minore. La star del film, Josephine Esperanto, prende a cuore l'innocenza della ragazza e la sua estraneità a quel mondo di finzione, e trascina Mimosa con sé in una notte brava attraverso i luoghi della "dolce vita" romana, fra attori hollywoodiani e faccendieri che ronzano attorno al microcosmo del cinema. La ragazza viene catapultata suo malgrado, ma non senza momenti di euforia, in un universo privo di regole (e di scrupoli) animato da narcisismi e rivalità, ma anche da una fame di vita che vede nella nuova arrivata una fonte di linfa vitale. Arriverà l'alba a concludere questa rocambolesca avventura notturna?

Saverio Costanzo torna alla regia di una sua sceneggiatura originale dopo il successo della serie L'amica geniale, di cui conserva l'approccio alle scene iniziali, e inizia con un "film nel film" che sottolinea la finzione del cinema.

Segue poi l'omaggio con citazioni di Bellissima e la (magistrale) interpretazione di Carmen Pommella (reduce da L'amica geniale, oltre che da una lunga carriera teatrale) nei panni della madre di Mimosa, e poi una ricostruzione "kolossale" (ma con inquadrature alla Sergio Leone) di un "peplum" d'epoca egizia. Poi però la storia derapa verso un percorso vertiginoso che è un evidente omaggio proprio a La dolce vita felliniana, con il suo procedere dalle tinte e le proporzioni alterate dell'incubo (e che quindi ricorda anche il Fuori orario di Scorsese).

Mimosa si ritrova intrappolata in un labirinto a tratti seducente e a tratti respingente, in un tira e molla che la getta in perenne squilibrio: il che fa il paio con la disomogeneità con cui Costanzo dirige la sua storia, spesso uscendo fuori fuoco, forse anche oltre le sue intenzioni. Il senso della storia e il suo percorso narrativo sono chiari, ma è come se il film che approda sullo schermo ne fosse la versione sfalsata, con un effetto di sdoppiamento che è sì conforme alla trama, ma è meno gratificante come esito cinematografico.

Le interpretazioni giocano bene sul contrasto fra la finzione ostentata: la caratterizzazione alla Rita Hayworth di Lily James nei panni di Josephina, l'italiano stentato di Willem Dafoe in quelli dell'onnipresente Rufo, la legnosità da "matinée idol" di Joe Keery (ex Stranger Things) si contrappongono alla sincerità luminosa di Rebecca Antonaci nei panni di Mimosa, cuore emozionale del film, portatrice di autenticità in un mondo di contraffazione.

Tuttavia nel film nel film iniziale uno dei personaggi guardava la scena attraverso uno spiraglio, evidente rimando a Private, film di esordio di Costanzo, ed è come se anche il pubblico di Finalmente l'alba fosse costretto ad osservare una vicenda della quale non ha mai la visione coerente e completa, malgrado la messa in scena sontuosa e frontale.

In parallelo alla vicenda narrata, anche quella spostata di un grado rispetto alla parabola di Mimosa, c'è la tragica storia di Wilma Montesi, l'aspirante attrice ritrovata morta sul lido di Capocotta, a illustrare graficamente il pericolo e l'inganno del mondo del cinema (e il possibile lato B di quella notte brava): e c'è la presenza di una leonessa che non vede l'ora di uscire dalla sua gabbia e "prendersi Roma".

Questi due elementi però non riescono mai ad integrarsi organicamente ad una narrazione già di per sé ondivaga, non solo nelle intenzioni programmatiche ma anche nel risultato filmico. Quell'elemento magmatico che sfugge al controllo della regia è contemporaneamente l'essenza della storia che Costanzo racconta e il punto debole di una messa in scena che fa spesso l'effetto di un bersaglio mancato per un pelo.