ANGELI PERDUTI

Locandina Un film di Wong Kar-wai. Con Leon Lai, Karen Mok, Michelle Reis, Takeshi Kaneshiro, Charlie Yeung, Fai-hung Chan, Man-Lei Chan, Toru Saito, Lee-na Kwan. Genere Drammatico - Hong Kong, 1995. Durata 90 minuti circa.


Trama

Due storie solo apparentemente parallele nella notte di Hong Kong. Da un lato il rapporto tra il killer Ming e la partner Agent (puramente professionale per il primo, morbosamente passionale per la seconda), dall'altro le vicende tragicomiche di Ho, un muto che vive di espedienti e cerca l'amore.
Fallen Angels recita il titolo originale, ovvero angeli "caduti" e non "perduti", come vuole la banalizzazione del titolo italiano. In una sola parola muta inesorabilmente il senso del tratto con cui Wong Kar-wai modella alcune esemplari solitudini metropolitane. In origine si trattava di due episodi rimasti esclusi da Hong Kong Express, poi cresciuti a dismisura sino a divenire un film a sé, in cui Wong potesse portare alle estreme conseguenze la sua poetica. Se il capostipite lavorava di fioretto, ritraendo delicate e romantiche storie d'amore, Angeli perduti ne rappresenta l'oscuro contraltare, sensuale dove l'altro era pudico, spudorato dove l'altro giocava di sottrazione; aggressivo tanto nello stile - uso e abuso del grandangolo e della camera a spalla - che nell'esasperazione gridata dei contenuti e del fine ultimo. La consapevolezza autoriale di Wong Kar-wai appare ormai evidente e a tratti compiaciuta, ma le accuse di manierismo rivolte al film sminuiscono la potenza di un'opera in cui il senso profondo dell'incomunicabilità e della morte al lavoro raggiunge il suo acme. Attraverso i rimandi osmotici e le strizzatine d'occhio con Hong Kong Express - l'ananas scaduto, Lei che pulisce la casa in assenza di Lui, la condivisione di topoi e situazioni - Angeli perduti celebra la definitiva fine dell'illusione (della felicità), esaltando fino a svuotare di significato l'eroismo di personaggi teorici e astratti sino a sembrare degni di Antonioni (anche se si muovono con lo step-framing dell'action di Hong Kong). La felicità, effimera e forse illusoria, come una boa a cui aggrapparsi disperatamente, nel nulla (pieno di cose) della metropoli.