PANTAFA

Locandina Un film di Emanuele Scaringi. Con Kasia Smutniak, Greta Santi, Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Mauro Marino, Giuseppe Cederna, Francesco Colella, Ugo De Cesare. Genere Horror - Italia, 2022. Durata 105 minuti circa.


Trama

Marta, sempre più preoccupata per le strane allucinazioni che colpiscono la figlia Nina, decide di portarla a vivere in montagna. Le due prendono così in affitto una vecchia casa dall'aspetto un po' spettrale nella cittadina di Malanotte. Tuttavia, la situazione clinica di Nina continua a peggiorare: la bambina inizia a soffrire di gravi paralisi ipnagogiche che assumono caratteristiche orrorifiche: durante la paresi Nina vede uscire dalle pareti una figura fantasmatica che si acquatta sul suo petto e cerca di succhiarle via l'anima. Le preoccupazioni e le suggestioni di Nina vengono ingigantite dalla signora Orsa, una vicina di casa, che riconosce la Pantafica nella descrizione di Nina, un'anima dannata che tormenta le notti dei bambini. È tutto nella sua testa, come sostiene Marta, o il male ha davvero preso connotazioni reali?

Un sottile horror che dona connotazioni reali ai mostri che infestano la nostra mente.

Bruno Bettelheim, psicologo e psicoterapeuta infantile, si occupò lungamente di analizzare le fiabe popolare e i conseguenti risvolti didattici e paideutici sui fruitori, cioè i bambini. In particolare, nel suo libro, "Il Mondo Incantato", Bettelheim si concentra sulle fiabe dei fratelli Grimm, asserendo che esse non possano rappresentare altro se non i miti freudiani e i passaggi che deve affrontare l'Io del bambino per raggiungere una maturità equilibrata. Queste fiabe, dunque, così fortemente radicate nella dimensione popolare, costituiscono a tutti gli effetti una bussola morale per i bambini, in quanto portatrici di valori, significati allegorici, moniti e anche allusioni alla sfera della sessualità.

Queste sono tutte considerazioni che stanno a monte del lavoro che Emanuele Scaringi fa con Pantafa. Il regista costruisce un horror che presenta sì degli aspetti fortemente innovativi e contemporanei, ma che risente d'altro canto di una tradizione millenaria: alla base dell'intreccio sta infatti la leggenda abruzzese della Pantafica, una presenza mostruosa ed evanescente che turberebbe le notti dei bambini. Sebbene la vicenda sia ambientata ai giorni nostri, riecheggiano perennemente i detti dialettali, le formule per scacciare il malocchio, e nel susseguirsi delle ritualità il mood acquisisce un sapore quasi medievale e pagano.

La regia di Scaringi resta sempre sapientemente e fiabescamente a metà tra vero e immaginato, tra modernità e paganesimo, tra manifesto e occulto. Ecco la grande intuizione del regista: la presa di coscienza che ciò che fa realmente paura è il non visto, l'ignoto: perché così facendo la nostra mente non ha elementi di razionalità a disposizione per ridimensionare, perché è solo nel contesto dell'incubo che i mostri assumono fattezze davvero terrificanti.

Un altro aspetto segnante di Pantafa, che si ricollega sempre alle considerazioni psicoanalitiche del Bettelheim, è lo sguardo psicopatologico: al di là degli sconfinamenti nell'horror e al di là della matrice sostanzialmente fiabesco-popolare, il film si basa sulle paralisi ipnagogiche di Nina e sul sospetto che sia affetta da una forma di epilessia infantile. Non ci sono gli elementi per poterlo affermare con certezza, ma è affascinante pensare di leggere la figura della Pantafica come una metafora che simboleggi l'epilessia infantile. Le stesse indicazioni che Orsa dà a Nina per fronteggiare la Pantafica (stai tranquilla, respira profondamente, cerca di rimanere ancorata alla realtà...) sono le stesse che un qualunque neuropsichiatra darebbe a un suo paziente per cercare di gestire al meglio il momento della crisi.

Tutte queste considerazioni finiscono però per sciogliersi in un finale tortuoso, indubbiamente sorprendente, ma per certi versi piuttosto inspiegabile. Il plot twist finale induce di certo alla riflessione sul ruolo materno e sulla profondità psicologica del personaggio di Kasia Smutniak, ma di contro trancia le gambe a certe possibili letture allegoriche o psicanalitiche.

Pantafa è in ultima analisi un lavoro molto interessante, sia riguardo le intuizioni che stanno alla base del progetto e sia in merito all'efficacia registica e narrativa in base agli esiti che il film vuole dare. Pecca forse un po' di unilateralità: il tentativo di rimanere entro i confini del genere horror ne impedisce il riconoscimento nella luce di una realtà più alta e composita.