Un film di Tim Burton. Con Michael Keaton, Winona Ryder, Justin Theroux, Monica Bellucci, Jenna Ortega, Willem Dafoe, Catherine O'Hara, Sofia Fernlöf, Filipe Cates, Juliana Yazbeck, Gianni Calchetti, Danny DeVito, Burn Gorman, Amy Nuttall, James Fisher, Arthur Conti, Nick Kellington, Santiago Cabrera, Sami Slimane, Mark Heenehan, Charlie Hopkinson, Liv Spencer, Skylar Park, Matthew Lyons, Jane Leaney, David Ayres (III), Sophie Holland, Walles Hamonde, Max Pemberton, Rebecca O'Mara, Adam Speers, Daryl Kwan, Caroline Lawrie, Philip Philmar, Stephen K. Amos, Sean Verre, Noah Mendes, Bea Svistunenko, Alex Michael Stoll, Rupi Lal, Georgina Beedle, Stefano Marchetti, Samantha Chung. Genere Commedia - USA, 2024. Durata 104 minuti circa.
L'ex adolescente Lydia Deetz è cresciuta, ma non ha perso l'abilità di vedere i fantasmi; solo che adesso la sfrutta per portare visibilità e soldi al suo show televisivo: "Ghost house". La morte rocambolesca e improvvisa del padre, la riporta a Winter River, insieme alla figlia Astrid e alla matrigna Delia, per un ultimo saluto al defunto, proprio nel momento in cui viene visitata, a distanza di trentacinque anni, dalle sgradite apparizioni dell'incontenibile Beetlejuice, del quale sperava di essersi liberata per sempre.
Mentre Lydia è inseguita dalla sua vecchia conoscenza, lui è inseguito dalla sua ex moglie, che ha rimesso insieme i pezzi del proprio cadavere con una sparapunti, e anela a spettacolare vendetta. Intanto la giovanissima Astrid (Mercoledì attraverso lo specchio), infastidita dalla stranezza della madre, fa amicizia con un ragazzo locale che cita pericolosamente Dostoevskij. Ed è solo l'inizio.
Per essere il sequel di un film (la sua opera seconda) in cui Tim Burton cercava di mettere in piedi una trama narrativa che gli interessava il giusto ma serviva ad aprire le porte, questo Beetlejuice Beetlejuice è un trionfo di trame e sottotrame, sopra e sottoterra, un vero e proprio manifesto del the more the better.
Lo 'spirito' del film si respira già dai titoli di testa, dall'energia beffarda che Danny Elfman scarica in sincrono con il temporale (Uh! Ah! Uh! Ah!): e giù morti e rimorti, mostri in abiti da segretari, poliziotti dell'anticrimine dell'aldilà che si accoppiano al ritorno di spose cadaveri, patrigni in odore di idiozia, ed effetti speciali orgogliosamente artigianali.
Così, in questa allegra e sanguinolenta abbondanza, in cui i tratti generazionali si ripetono e confondono (anche grazie alla capacità di Jenna Ortega di interpretare credibilmente diverse età della vita senza un filo di trucco), Tim Burton si ritrova, dopo aver attraversato alcuni banchi di nebbia, e mette in scena un secondo capitolo migliore del primo, che restituisce, tra l'altro, al personaggio del titolo, il ruolo centrale che la prima volta gli era stato curiosamente negato.
Nell'eccesso e nel raddoppio (oltre che nel nuovo, giovanissimo pubblico) Burton trova lo spazio per giocare di nuovo a fare il mago, a inserire racconto nel racconto, a citare, scherzare, fare la linguaccia a mamma Disney.
L'incursione nella serialità per ragazzi evidentemente gli ha fatto bene. Gli ha dato il pool di sceneggiatori che gli mancava e il gusto di ibridare ancora i generi, di osare sfiorare il demenziale, di festeggiare il carnevale dei brutti ma buoni, addirittura di ballare il soul.