THE WOMAN KING

Locandina Un film di Gina Prince-Bythewood. Con Viola Davis, Thuso Mbedu, Lashana Lynch, Sheila Atim, John Boyega, Hero Fiennes-Tiffin, Jordan Bolger, Jayme Lawson, Adrienne Warren, Angélique Kidjo, Sivuyile Ngesi. Genere Drammatico - USA, 2022. Durata 135 minuti circa.Un'epica storia ispirata a fatti realmente accadutiLa storia di Nasisca, generale dell'unità militare tutta al femminile del regno del Dahomey, uno degli stati africani più potenti tra il XVIII e il XIX secolo.di Andrea Fornasiero


Trama

Nel 1823, il regno africano del Dahomey (all'incirca l'attuale Benin) è minacciato dal vicino e assai più vasto e potente regno di Oyo (all'incirca l'attuale Nigeria e dintorni). Il Dahomey è però uno stato fieramente militarista e ha anche un corpo speciale femminile: le Agojie. Le guida la generale Nanisca, che cerca di ispirare il re Ghezo - a lei particolarmente legato perché in fondo le deve il trono - ad abbandonare la tratta degli schiavi, in favore della produzione e del commercio di olio di palma. La giovane Nawi, una ragazza ribelle che rifiuta di sposarsi come vorrebbe la famiglia, viene nel mentre affidata alle cure dell'addestramento Agojie. La sua astuzia e la sua tenacia la fanno presto notare da Nanisca, con la quale svilupperà un complesso rapporto nel bel mezzo della guerra incombente.

Per la prima volta Hollywood porta sullo schermo le "amazzoni" della "Sparta africana", ma naturalmente lo fa a modo suo, nel bene e nel male. Da una parte c'è l'enfasi un po' tronfia ma appassionata, dall'altra le libertà prese con la Storia e una pesante dose di melodramma.

Sia Nanisca sia Nawi sono personaggi inventati, anche se i loro nomi derivano da due celebri Agojie, la prima fu descritta da un testimone europeo e la seconda fu l'ultima Agojie: si spense nel 1979 dopo oltre un secolo di vita. È invece un personaggio reale re Ghezo, che però è figura assai diversa da come appare nel film. The Woman King cerca di non tradire palesemente la storia del Dahomey, ma è come se lo facesse, perché racconta un momento specifico di un regno la cui parabola è tutt'altro che ben nota, finendo per farla sembrare pars pro toto. Dunque urge contestualizzare le cose: re Ghezo valutò effettivamente, proprio nel 1823, di non partecipare più alla tratta degli schiavi in favore della produzione di olio di palma, ma tornò presto sui suoi passi perché non era un commercio altrettanto remunerativo. Cessò queste operazioni infatti solo nel 1852, dopo anni di pressioni da parte dell'impero Britannico, che aveva abolito la schiavitù nel 1833. Non solo: il Dahomey doveva la sua ricchezza proprio alla tratta degli schiavi, a cui contribuiva diffusamente già dalla fine del Seicento.

Un corpo di guerriere femminili, come le Agojie, era comunque una sorprendente conquista per i diritti delle donne di allora, a cui veniva data una possibilità di emanciparsi - anche se rimanevano pur sempre al servizio del re e dunque del patriarcato. È più discutibile però farne una moderna apologia: l'idea che l'emancipazione ancora oggi passi per la militarizzazione (cosa per altro molto americana) è inquietante e in fondo pure destrorsa. Il che non toglie che assistere al furore con cui le Agojie si lanciano in battaglia, fieramente nere e donne decise a non darla vinta al nemico - ossia a eserciti di soli uomini - abbia una sua potenza simbolica e immaginifica. Tanto che si perdonano pure le libertà storiche: siamo del resto a Hollywood e la produzione ha guardato a film epici come Il gladiatore e Braveheart, più aspirazionali che non da prendere come ricostruzioni fedeli del mondo passato.

Naturalmente il film arriva sulla scia del successo delle Dora Milaje, il corpo di guerriere del Wakanda, il fittizio stato africano della Marvel. È infatti in seguito alla fortuna di quel film, le cui fiere combattenti erano ispirate proprio alle Agojie, che il progetto è stato approvato dopo vari anni di tribolazioni. La cosa più notevole di The Woman King è la qualità delle coreografie di queste "amazzoni", davvero diverse da semplice guerriere con una spada, molto acrobatiche ed esperte nelle prese del corpo a corpo, abili in varie armi: dalla lame ricurve alla lancia fino a un pugnale legato a una corda. Tanto che le Agojie soddisfano le esigenze spettacolari della Hollywood odierna, nonostante la grande battaglia del film sia relativamente limitata dal punto di vista della messa in scena bellica. Meno efficace invece la sottotrama mélo, di cui preferiamo non raccontare nulla. La sua principale utilità è dare momenti drammatici alle protagoniste Viola Davis e Thuso Mbedu (già al centro di The Underground Railroad, da cui arriva anche Sheila Atim, qui nel ruolo della saggia consigliera di Nansica). Ha il ruolo del personaggio più comprensivo invece Lashana Lynch, che dirige con empatia l'addestramento delle Agojie e ha l'etica di una guerriera pura. John Boyega, infine, interpreta re Ghezo e ha così occasione di enunciare con orgoglio alcune battute, di buon effetto retorico, sulla ricchezza culturale africana, ossia la ragion d'essere di The Woman King.