Un film di Toni D'Angelo. Con Nino D'Angelo, Toni D'Angelo. Genere Documentario - Italia, 2025. Durata 90 minuti circa.Toni D'Angelo racconta suo padre NinoNino D'Angelo saluta gli anni '80 con un concerto a Napoli, mentre il figlio Toni racconta la sua vita, dal successo alla fuga improvvisa dalla città.di Simone Granata
Toni D'Angelo racconta il padre Nino, dall'infanzia povera nel quartiere di San Pietro a Patierno nella periferia di Napoli allo straordinario successo musicale. Mentre Toni segue Nino durante i preparativi di un concerto, restituisce con la macchina da presa un ritratto intimo del genitore che intreccia vita privata e scena artistica. Il ritratto di un interprete amatissimo a Napoli e nel mondo, e insieme di un uomo che si confronta con il passare del tempo, con le proprie radici, con i propri legami familiari e con ciò che resta del cammino fatto.
In una sorta di personale ricerca del tempo perduto, Toni e il padre dialogano ripercorrendo l'incredibile storia di Nino.
I diciotto giorni del titolo sono quelli trascorsi dalla nascita di Toni prima che il padre riuscisse a vederlo, essendo impegnato a Palermo con una sceneggiata a teatro, genere popolare molto in voga in quel periodo. Era la fine degli anni Settanta, e Nino iniziava a farsi un nome, e da protagonista di quello spettacolo non poteva abbandonare la compagnia. Finché c'erano repliche, si guadagnavano soldi, e lì tutti ne avevano bisogno.
Simbolicamente, quei diciotto giorni rappresentano una sorta di tempo perduto, di cui Toni attraverso quest'opera vuole riappropriarsi, interrogandosi sul rapporto con il padre Gaetano (per tutti Nino) e tentando di scrutare nell'anima dell'uomo e dell'artista.
Il documentario procede alternando i dialoghi tra i due con materiale d'archivio, dalle esibizioni a vecchie interviste o anche ospitate televisive, ripercorrendo la storia dello "scugnizzo" che ce l'ha fatta grazie al talento, all'ostinazione, a qualche incontro fortunato e a quell'intuizione tutta napoletana che ad esempio gli fa trasformare "Let it Be" dei Beatles nella cover "Gesù Cri".
Partito da una condizione di estrema povertà, costretto a lasciare la scuola per lavorare subito, Nino D'Angelo diventa uno dei cantautori più seguiti, arrivando ad esibirsi perfino a Wembley, al Madison Square Garden, al Teatro Olympia di Parigi, ma sempre rimanendo fedele alle proprie origini e alla propria comunità.
Negli anni Ottanta si diceva che a Napoli c'erano tre cose belle: Nino D'Angelo, Maradona e le sfogliatelle. Un modo di dire che riassume bene cosa rappresentasse il cantante per la sua gente. E nel film c'è dentro tutto: il caschetto biondo, il successo, il pregiudizio, la depressione dopo la morte dei genitori, la rinascita, il trasferimento obbligato a Roma dopo l'estorsione subita. La bravura di Toni sta soprattutto nel non sfociare mai nell'agiografia, pur rievocando la storia di un uomo nato non per vivere ma per sopravvivere, e che invece ha finito per vivere una vita inimmaginabile, restando comunque sempre sé stesso.