LA DIVINA DI FRANCIA - SARAH BERNHARDT

Locandina Un film di Guillaume Nicloux. Con Sandrine Kiberlain, Laurent Lafitte, Amira Casar, Pauline Etienne, Mathilde Ollivier, Laurent Stocker, Grégoire Leprince-Ringuet, Clément Hervieu-Léger, Sébastien Pouderoux, Arthur Igual, Sylvain Creuzevault, Arthur Mazet, Jessica Cressy. Genere Biografico - Francia, Belgio, 2024. Durata 98 minuti circa.Chi è Sarah BernhardtSarah Bernhardt è stata un'impronta indelebile nella sua epoca, ma il suo nome è rimasto vivo per tutto il XX secolo e lo è ancora oggi. Eppure, pochi conoscono la sua vera storia.di Marianna Cappi


Trama

Sarah Bernhardt è Marguerite Gautier, Lucien Guitry è Armand. La morte li separa, dopo un lungo e sofferto amore, nel finale della Signora delle Camelie. Ma quell'amore non è solo finzione e Sarah e Lucien, i due mostri sacri del teatro francese, non sono solo colleghi. È la stessa attrice a raccontarlo al figlio di Lucien, Sacha Guitry, che da lì a poco diverrà a sua volta un nome di spicco del teatro e del cinema. È giunto il tempo che sappia che, delle sue decine o addirittura centinaia di amanti (così vuole la leggenda), lei ha amato veramente solo suo padre; lo ha fatto soffrire e ha sofferto a causa sua, quando lui, a un certo punto, le ha preferito un'altra. Il biopic di Nicloux su Henriette Rosine Bernard, in arte Sarah Bernhardt, sceglie la sua relazione professionale e sentimentale con Guitry padre, come linea guida per orientarsi nell'esistenza della divina di Francia, ma fatica a rinunciare alla tentazione dell'aneddoto e finisce per assomigliare a un elenco di fatti noti, spillati senza un chiaro criterio a una scena o a quell'altra. Sarah che non porta il corsetto, che tiene in casa un boa e una lince, che si fa dipingere le locandine da Alfred Mucha, che sprona Zola al J'accuse del caso Dreyfuss. Intanto alcuni dei suoi tanti amanti siedono attorno al suo divano ricoperto di broccato (il povero Edmond Rostand, la convivente e pittrice Louise Abbéma) e le mode dell'epoca la inseguono, come la pratica del collezionismo d'autografi o delle ciocche di capelli. E poi Sarah lusingata dalle attenzioni di Wilde, omaggiata da Hugo, Sarah che snobba Freud. Un catalogo che può risultare scolastico o quantomeno illustrativo.
È più interessante guardare, allora, al film da due altri versanti: da un lato, l'intepretazione di Sandrine Kiberlain, la cui fisicità, lontana da quella del modello originale, riporta in vita non tanto un corpo ma un'energia, uno stare nel personaggio senza soluzione di continuità, sempre in costume, col pugnale letteralmente a portata di mano e la risata pronta, specialmente per le proprie battute; dall'altro il delinearsi più o meno volontario di un'agiografia inversa della "Voce d'oro", una celebrazione delle ombre anziché delle luci.Capricciosa, arrogante ("Non ho più bisogno di te, scarafaggio"), generosa soltanto con il figlio Maurice e contro il suo stesso bene, la Sarah Bernhardt di Guillaume Nicloux è una donna all'avanguardia per pensiero politico e libertà sessuale, ma caratterialmente insopportabile, portatrice consapevole di un narcisismo lucido che poteva essere rivoluzionario all'epoca ma oggi forse non affascina più. Eppure, sembra dire Nicloux, essere Sarah Bernhardt voleva dire proprio scegliere la teatralità sempre, e sopra ogni cosa. Per questo nel film, fatta eccezione per l'inizio, non la vediamo mai in scena; perché, in realtà, la vediamo in scena tutto il tempo.