Un film di Stanley Kubrick. Con Matthew Modine, Adam Baldwin, Vincent D'Onofrio, Kevyn Major Howard, John Terry, R. Lee Ermey, Dorian Harewood, Arliss Howard, Ed O'Ross, Kieron Jecchinis, Kirk Taylor, Ian Tayler, Ngoc Le (II), Papillon Soo Soo, Leanne Hong, Tim Colceri, Bruce Boa, Sal Lopez, Jon Stafford, Gary Landon Mills, Peter Edmund, Tan Hung Francione, Marcus D'Amico, Costas Dino Chimona, Gil Kopel, Keith Hodiak, Peter Merrill, Herbert Norville, Nguyen Hue Phong, Duc Hu Ta. Genere Guerra - USA, 1987. Durata 116 minuti circa.Cruda denuncia della follia e della presunzione umanaUn gruppo di giovani marines appena reclutati e duramente addestrati dal sergente Hartman con metodi brutali, parte per il Vietnam, dove sperimenta gli orrori della guerra nella battaglia intorno alla città di Hue.di Giancarlo Zappoli
Parris Island. Campo di addestramento dei marines che vengono sottoposti al trattamento del sergente Hartmann il quale non risparmia loro sevizie fisiche e verbali. Se Palla di lardo viene costantemente preso di mira per il suo aspetto fisico, Joker, che non rinuncia a dire ciò che pensa, viene in qualche misura apprezzato. Si troverà al fronte costretto a confrontarsi con un nemico abile nella guerriglia e con alleati che non apprezzano la presenza sua e dei suoi commilitoni.
Stanley Kubrick al suo quarto film dedicato alla guerra, a distanza di più di dieci anni dalla sua conclusione, torna a riflettere sul Vietnam.
Dopo Fear and Desire, Orizzonti di gloria, e Il dottor Stranamore (considerando come tangenziale in materia Barry Lyndon) Stanley Kubrick torna ad affrontare il genere bellico nel particolare filone che si occupa della guerra nel Vietnam. È stato preceduto di un anno sugli schermi da Platoon diretto da Oliver Stone che in quella guerra c'era stato davvero e non ha una grande stima di Apocalypse Now che ritiene un film privo di una vera e propria storia, situazione che, secondo lui, ha costretto Coppola a realizzare scene che fossero una più spettacolare dell'altra al fine di nascondere l'inconsistenza del plot.
Lui la storia ce l'ha. È il piccolo libro di Gustav Hasford "The Short Timers" che ha apprezzato per la sua capacità di sintesi anche sul versante della lunghezza delle frasi. Gli attori che porta sullo schermo non debbono essere star troppo note proprio per risultare credibili in un'opera che si presenta come divisa in due.
La prima parte, che poteva correre il rischio della ripetizione di luoghi comuni deja vu nel cinema bellico con il rapporto sergente/reclute, viene giocata tutta sul versante dell'eccesso. Hartford ha il compito di spersonalizzare i giovani sottoposti umiliandoli costantemente e finendo così con l'incarnare l'idea kubrickiana dell'esercito come una macchina in cui coloro che vi sono entrati come esseri umani debbono essere trasformati in ingranaggi. Estremamente significativa in proposito la scena di apertura con la rasatura dei capelli.
Con una cesura netta troviamo poi Joker in Vietnam con la funzione di reporter per la rivista di propaganda dell'esercito "Star and Stripes". Dal momento in cui raggiunge il fronte ad Hue Kubrick ci mostra come quel sadico addestramento finalizzato all'annullamento delle coscienze abbia prodotto dei soldati che vivono in una costante sensazione di smarrimento che tentano di esorcizzare con una corazza di cinismo destinata ad evidenziare profonde crepe. Joker si propone come l'emblema della contraddittorietà avendo un elmetto su cui ha scritto il motto "Born to Kill" e, al contempo, portando il pin di "Make Love not War".
La macchina da presa, sovrapponendosi anche a quella della troupe inviata sul campo, ci mostra i soldati sia in pausa che in azione mentre la colonna sonora evidenzia i suoni e i silenzi delle avanzate. Siamo sempre dalla loro parte tranne che in una inquadratura (per questo particolarmente spiazzante e significativa). Grazie ad un ambientazione estremamente produttiva sul piano della significazione (una centrale del gas abbandonata sulle rive del Tamigi in cui era possibile prendersi qualsiasi libertà perché doveva essere distrutta) Kubrick ci mette di fronte ad un'umanità che si tenta di inaridire riuscendo ad evitare qualsiasi, anche se minimo, rischio di sentimentalismo. Non sappiamo nulla del pregresso delle vite dei protagonisti (c'è solo un fugace accenno a una figura materna a cui bisognerebbe riportare il figlio vivo). Questo mette lo spettatore a nudo quanto i personaggi. Li può amare o detestare così come sono e si presentano cogliendoli in quella porzione di vita che coincide con il dominio della morte in un contesto in cui ognuno a sua modo ha interiorizzato l'assurdità del conflitto.