SONGBIRD

Locandina Un film di Adam Mason. Con K.J. Apa, Sofia Carson, Craig Robinson, Bradley Whitford, Peter Stormare, Alexandra Daddario, Paul Walter Hauser, Demi Moore, Jenna Ortega, Lia McHugh, Joost Janssen, Ben Scott (II). Genere Drammatico - USA, 2021. Durata 90 minuti circa.Prodotto da Michael Bay un film sulla pandemiaIl virus del Covid-23 è mutato e il mondo è nel quarto anno di lockdown.di Roberto Manassero


Trama

Nel 2024 il Covid-19 ha continuato a mutare e ha ormai sterminato metà della popolazione terrestre. A Los Angeles i sopravvissuti vivono in quarantena, sotto coprifuoco e legge marziale. Solo gli immuni possono muoversi liberamente, e tra questi il corriere Nico, fidanzato con Sara, confinata con la nonna. Quando quest'ultima muore, la polizia guidata dal perfido direttore Harland si reca nell'appartamento delle due donne per deportare Sara: toccherà a Nico salvare la ragazza, infrangendo la legge per trovarle un braccialetto che la dichiari immune. Nella corsa contro il tempo, sarà aiutato dal suo capo Lester, da un ex militare innamorato di una cantante fallita e dalla moglie di un discografico, riciclatasi come spacciatrice di lasciapassare...

Un action da era pandemica, girato nei mesi del lockdown a Los Angeles, con una trama prevedibile che utilizza la cronaca come punto di partenza per immagine un futuro distopico non troppo lontano.

Ci sono film che intercettano lo spirito del tempo, che lo anticipano o lo riverberano, e altri che semplicemente lo assecondano, sfruttando in maniera epidermica gli elementi noti a tutti. Di norma il compito spetta in entrambi i casi al cinema di genere, e più ancora alle produzioni di serie B, agili, superficiali e capaci di trasformarsi nello specchio una società.

Inevitabilmente, nel 2021 ciò significa parlare di pandemia, di Covid-19, di confinamento e controllo, trasformando una dramma sociale in un dispositivo pronto all'uso. Niente di nuovo, sia chiaro, dal momento che la distopia fa parte del cinema di genere (hollywoodiano e non) da decenni; ma nel caso di film come Songbird la differenza sta nel fatto che l'innesco della storia è realistico e solo le derive più drammatiche sono per il momento frutto della fantasia degli autori.

Songbird, prodotto da Michael Bay e girato a Los Angeles nei mesi del primo lockdown (negli Stati Uniti è poi uscito on demand nel dicembre scorso), nonostante la tempistica delle riprese è proprio uno di quei film che approfittano della situazione storica solo come cornice di un possibile immaginario futuribile. Le stesse riprese della metropoli deserta risultano fatalmente già viste, anticipate tanto dalla realtà quanto da altri film più rapidi nel raccontare l'esperienza della quarantena e della solitudine (ad esempio, l'episodio di Ana Lily Amirpour in Homemade, con la stessa regista in giro per Los Angeles con la sua bicicletta, proprio come il corriere Nico...).


Songbird è un contemporaneo nel modo più ovvio possibile, in quanto miscuglio di formati (cinemascope, video di smartphone, dirette streaming, telecamere di servizio, riprese con droni) e in quanto ripresa di personaggi stereotipati: il corriere eroe e belloccio, immune e di buonumore; la sua fidanzata telematica, bellissima anche lei e filmata in primissimo come su Instagram; la coppia ricca e corrotta, lui traditore, lei colpevole ma redenta (dall'amore per la figlia); i due reietti della società americana, la cantante illusa dallo show business e l'ex soldato paraplegico, che uniscono le rispettive solitudini e si amano a distanza come la Bella e la Bestia; il tutore della legge marcio fino al midollo, che arriva dai bassifondi e si comporta da squilibrato (alla maniera del detective psicopatico di Gary Oldman in Leon).

Su tutto spira un'aria di trascuratezza e di action grossolano, senza le derive ultramoderne e mélo di Bay: la fotografia è cupa e solo a tratti dai colori sparati; il finale arioso ripreso da Blade Runner; la violenza improvvisa ma fuoricampo; gli interpreti più giovani, come K.J. Apa, Sofia Carson o Alexandra Daddario, in grado solo di sgranare gli occhi e quelli più esperti, da Demi Moore a Peter Stormare a Bradley Whitford, di gigioneggiare senza freni (e lo stesso Paul Walter Hauser di Richard Jewell è già la parodia dei suoi personaggi).

Peggio ancora, però, è il sentore di complottismo che emana dalla trama, come se per gli autori di Songbird - non solo Bay, ma anche il regista Adam Mason e il suo co-sceneggiatore Simon Boyes - la pandemia fosse una cosa grave, certo, ma ancora di più lo la limitazione della libertà personale. Per cui non importa se immuni o esposti al virus, i personaggi positivi del film meritano di essere sollevati dal gioco del controllo, sia esso politico, sessuale o psicologico. Così la morale americana è salva, e il virus in qualche modo affrontabile.