BRADO

Locandina Un film di Kim Rossi Stuart. Con Saul Nanni, Kim Rossi Stuart, Viola Sofia Betti, Federica Pocaterra, Alma Noce, Paola Lavini, Barbora Bobulova, Alida Baldari Calabria, Rinat Khismatouline, Achille Marciano. Genere Drammatico - Italia, 2022. Durata 117 minuti circa.Western metropolitanoUn figlio e un padre cercano di ricostruire l'amore e la vicinanza che avevano perduto.di Paola Casella


Trama

Da tempo Tommaso non vede suo padre Renato, che vive in un ranch isolato da tutti. In quel ranch Tommaso è cresciuto insieme alla sorella Viola, ma da giovani adulti se ne sono allontanati, mentre il padre è rimasto lì a gestire una rustica scuola di equitazione, sempre più scorbutico e avulso dalla civiltà. La madre di Tommaso ha da tempo lasciato alle spalle la famiglia per circondarsi di fidanzati improbabili, e Renato ha cresciuto i due figli con l'intento di farli diventare "più forti di lui". Ora Tommaso viene richiamato al ranch per aiutare il padre a domare un "cavallo matto" che Renato considera il suo veicolo di riscatto. Ma per il figlio quel cavallo è solo un'altra delle scommesse perse in partenza da quel genitore burbero e dispotico.
Brado è il nome del ranch di Renato, ma potrebbe essere anche il soprannome di Kim Rossi Stuart, regista e cosceneggiatore (qui con Massimo Gaudioso): quella qualità indomabile è sempre stata un suo pregio come artista perché gli impedisce di appiattirsi sui luoghi comuni di tanto cinema italiano. Questa sua terza regia, dopo Anche libero va bene e Tommaso, sembra far parte di un trittico di storie in qualche modo collegate, in cui i nomi dei personaggi si ripetono e i ruoli di Renato e della ex moglie Stefania sono interpretati dagli stessi attori (Rossi Stuart e Barbora Bobulova) del film d'esordio. In questo senso l'opera seconda del regista-sceneggiatore rappresenta un momento di transizione necessario per approdare alla maggiore compiutezza di Brado, che Kim ha dedicato a suo padre Giacomo.
Il genere di Bardo è il western alla Clint Eastwood (esplicitamente citato nel film, e con cui Kim Rossi Stuart sembra avere molto in comune in termini di coerenza e spigolosità), con protagonista uno di quei cowboy che vivono la vita come una continua sfida (all'O.K. Corral) e i rapporti umani come un perpetuo duello. Renato è capace anche di decisioni feroci, come quella di annegare una cucciolata, che Tommaso guarda con orrore: e il figlio finirà per confrontarsi con scelte altrettanto drastiche per definire la propria identità. Le luci di taglio, testimoni di un mondo crudele, lasciano però anche spazio agli scollinamenti cromatici di tramonti crepuscolari e romantici, e la fotografia di Matteo Cocco, anche operatore di macchina, è fondamentale nel concretizzare attraverso immagini contrastanti la visione del regista.

La sceneggiatura gestisce bene il contrasto padre-figlio, tema centrale nella filmografia di Rossi Stuart, e la regia procede per inquadrature classiche ma mai scontate (e mai televisive). Anche le musiche di Andrea Guerra sostengono la narrazione, ma Rossi Stuart impedisce loro di trionfare sul tono asciutto della storia, alternando ai crescendo emozionali scelte inaspettate (e chiudendo con Old Cowboy Song, a conferma del legame fra Brado e quel sottogenere del western "vecchio cowboy intenzionato a ribadire la sua irriducibilità").
Tutto il cast è all'altezza delle ambizioni di Rossi Stuart: a cominciare da Saul Nanni (il cui nome appare nei titoli di testa prima di quello del regista-attore), sempre credibile nel ruolo sofferto di Tommaso, per proseguire con due bellissime interpretazioni femminili, quella di Viola Sofia Betti nei panni di Anna, istruttrice di cavalli con i piedi ben piantati a terra, e Federica Pocaterra nel breve ruolo di Viola, la sorella di Tommaso, che ci fa desiderare uno spinoff tutto sul suo personaggio. Ed è curioso come anche nella vita nomi, cognomi e volti formino echi e rimandi: nel ruolo di Rachele, un alter ego giovanile di Stefania, c'è ad esempio Alma Noce, versione giovane della moglie di Kim Rossi Stuart ne Gli anni più belli.
Poiché il regista, come un cavallo selvaggio, "non sopporta le imposizioni", il western fa ad un certo punto uno scarto e apre ad una serie di digressioni che non giovano alla compattezza della storia, fino a quel momento nitida e a fuoco. Ma questo è tipico di un autore alla ricerca della propria espressione compiuta, che dia spazio a tutti i suoi fantasmi, per non ritrovarsi a dire a se stesso: "È tutto quello che sei riuscito a fare?".