AMATA

Locandina Un film di Elisa Amoruso. Con Miriam Leone, Stefano Accorsi, Tecla Insolia, Donatella Finocchiaro, Mehdi Meskar, Nika Perrone, Mauro Marino, Alessia Franchin. Genere Drammatico - Italia, 2025. Durata 96 minuti circa.Cos'è la maternità?Un film intenso ed emozionante che intreccia storie di vite, scelte e destini.di Claudia Catalli


Trama

Nunzia è la prima della sua famiglia a studiare all'università. Viene dalla Sicilia apposta, ha pochi soldi ma se li fa bastare, condivide un appartamento con altre studentesse. Una sera in discoteca incontra un ragazzo che le piace, dopo poco scopre di essere incinta ed entra in crisi, non sa se ha voglia di tenere il bambino. Nel frattempo Maddalena, ingegnera edile sposata con il pianista Luca, continua a provare ad avere un figlio, ma di fronte all'ennesimo aborto entra in crisi va in frantumi e alla fine sceglie il percorso di adozione. Margherita, infine, è una neonata che viene al mondo senza sapere nulla, ma è già molto "amata". Viene lasciata nella culla per la vita affinché una famiglia che la desidera davvero la adotti per sempre.

È un film ambizioso, per nulla facile e stratificato Amata di Elisa Amoruso.
Con l'esergo poetico di Wislava Szynborsca - "Alla nascita di un bimbo il mondo non è mai pronto" - mira a raccontare la maternità in due accezioni: la maternità desiderata e non possibile, e quella possibile ma non desiderata. La regista sceglie di accostare i due piani del racconto sin dall'inizio, incrociando anche visivamente la narrazione della solitaria vita di Nunzia, una Tecla Insolia sempre interessante e impeccabile, a quella di coppia (in crisi) di Maddalena, che con Luca ha un rapporto tormentato.
Li interpretano Miriam Leone e Stefano Accorsi, nei panni di due aspiranti genitori che non riescono a diventare tali. Nota di merito per Amoruso per la scelta di affrontare un tema spinoso, complesso, e di voler raccontare attraverso due donne allo specchio quello che il cinema italiano solitamente dimentica di approfondire, tanto meno mette in scena: la sofferenza delle madri che lo diventano loro malgrado, ma non vorrebbero (Nunzia/Insolia), e il dolore di quelle che non desiderano altro che diventare madri ma non possono (Maddalena/Leone).
Si parla ancora poco dei traumi irrisolti delle coppie che sognano la genitorialità mentre una serie di fattori impedisce loro di riuscirci, il film dà ampio spazio e accoglienza a questo tema, mostrandone tutte le innumerevoli difficoltà.
Il soggetto è tratto da un caso di cronaca vera e dal romanzo "10 giorni" di Ilaria Bernardini, autrice anche della sceneggiatura, tuttavia lo sviluppo della narrazione lascia gradatamente sempre più perplessi, nel suo cedere troppo spesso a didascalismi e simbolismi retorici, fino a sembrare verso il finale una sorta di videopromozione della culla per la vita. Se da una parte il film assolve pienamente all'intento informativo e di sensibilizzazione al riguardo - la culla per la vita è una struttura concepita per permettere di lasciare i neonati, in totale protezione e anonimato della madre e nel pieno rispetto della sicurezza del bambino -, dall'altra non convince appieno, finendo per rivelarsi uno struggente melò non del tutto riuscito, con qualche scena di troppo, forzata e innaturale, a tratti televisiva.

La ricerca insistente della commozione dello spettatore sul finale non aiuta, così come il pur memorabile brano "Te lo leggo negli occhi" di Franco Battiato. Non risultano efficaci neanche i montaggi alternati, scene (anti)speculari in cui - per citarne una - una donna fa il test di gravidanza e l'altra perde il suo bambino. Spicca sicuramente la performance della sempre talentuosa Tecla Insolia, la sua ragazza madre sola contro tutto sa restare impressa, stona tuttavia l'insistenza sulla sua condizione economica precaria, quasi che fosse (soprattutto) il ceto a definire scelte tanto importanti come quelle riguardano la maternità. In definitiva, un film che ha il merito di porre l'attenzione su temi importanti, ma purtroppo non risulta una visione imperdibile.