SMILE

Locandina Un film di Parker Finn. Con Sosie Bacon, Jessie Usher, Kyle Gallner, Rob Morgan, Kal Penn, Caitlin Stasey, Judy Reyes, Gillian Zinser, Robin Weigert, Marti Matulis. Genere Horror - USA, 2022. Durata 115 minuti circa.Se li vedi sorridere... è già troppo tardiUna donna è costretta a confrontarsi con il suo passato per sopravvivere e sfuggire ad una nuova e agghiacciante realtà.di Emanuele Sacchi


Trama

La psichiatra Rose Cotter nasconde un trauma di gioventù: ha assistito al suicidio della madre, senza intervenire in alcun modo e senza poi riuscire a perdonarsi per questo. In cura da lei si reca la giovane Laure, a sua volta traumatizzata per aver assistito al violento suicidio del proprio insegnante, e le racconta una storia di possessione demoniaca, con vivide allucinazioni, prima di uccidersi in maniera orribile. Nel racconto di Laure la premessa a un evento violento è sempre costituita da un sorriso inquietante, che compare sul volto di queste allucinazioni, e spinge verso la follia la vittima.

In linea con una parte consistente della produzione horror del terzo millennio, Smile non cerca di stupire per originalità, ma ricorre ad altri strumenti di terrore.

Il debuttante Parker Finn sviluppa il soggetto del suo precedente cortometraggio Laura Hasn't Slept, premiato al SXSW Festival, estendendolo fin quasi a due ore, e necessariamente elaborando una genesi più compiuta della "possessione" in atto. Per farlo si adagia su un copione già visto, quello della cosiddetta "catena di S. Antonio", resa celebre da The Ring e rielaborata da It Follows, secondo cui una maledizione implacabile viene trasferita da una vittima all'altra finché qualcuno non avrà interrotto la sequenza.

Si trovano più nel film di David Cameron Mitchell che in quello di Hideo Nakata i prodromi di Smile, per la modalità di comparsa dell'elemento soprannaturale e la capacità di questi di non essere visto se non dalla vittima. A mo' di compensazione di questa opprimente sensazione di déja vu, Smile introduce alcuni dettagli che calano la situazione nel disagio della contemporaneità.

Tanto il sorriso forzato - chiaro simbolo della necessità di esibire uno stato d'animo raramente corrispondente al vero - che la necessità per il demone di un pubblico da influenzare rimandano chiaramente ai social network e alle dinamiche, spesso distorte, della socializzazione odierna. Un elemento interessante, seppur poco approfondito, che incrementa il disagio nello spettatore e l'immedesimazione nella protagonista, alle prese con una situazione triplamente angosciante.

Rose è insieme prigioniera del proprio passato, considerata una visionaria dal compagno Trevor - ancora una volta un partner insensibile e cinico, come già in Midsommar e in altri esempi recenti del genere - e dai parenti stretti e infine consapevole di vivere un crescente pericolo senza una soluzione apparente. Per combattere il demone occorre combattere prima contro i propri demoni, sembrerebbe sentenziare Finn, ma lo svolgimento non è privo di sorprese da questo punto di vista.

Abbondanti ma non sempre riusciti i jump scare, come pure una certa dose di violenza politicamente scorretta, che nell'asettico e regolamentato presente non può che giungere benvenuta. Tra alti e bassi, ma sufficiente per gli amanti del genere. Il prosieguo della carriera di Finn merita comunque attenzione.