Un film di Gavin Elder. Genere Documentario - Italia, 2025. Durata minuti circa.Il ritorno di David Gilmour tra le rovine romaneIl film fa rivivere il ritorno di Gilmour nello storico Circo Massimo all'inizio del Luck and Strange Tour, il suo primo in quasi un decennio.di Emanuele Sacchi
È un gatto nero - simbolo dell'ultimo album di David Gilmour - stilizzato e sovraimpresso sul Circo Massimo a introdurre in maniera tutt'altro che sobria a un film-concerto che intende stupire. E il chitarrista sceglie, ancora una volta, una location imponente e antica, quasi a riecheggiare i fasti del lontano Live at Pompeii dei Pink Floyd. Gilmour, e non da oggi, punta tutto sull'elemento tecnico e scenografico, eredità di una specifica componente dei Pink Floyd.
Il lato più politico e polemico, più visionario e spigoloso, appartiene a Roger Waters. Ed è inevitabile pensare al curioso parallelismo con l'operazione analoga e coeva dell'ex bassista dei Pink Floyd, così differente per intenti e così simile nella scaletta dei brani.
Se Waters si concentra sull'anima dei Floyd, arrogando a sé il primato creativo del gruppo e ponendo il messaggio sopra a tutto, Gilmour parla a un pubblico desideroso di assistere innanzitutto a uno spettacolo pirotecnico. A contare sono le buone vibrazioni e gli assoli inconfondibili in cui la chitarra solista è in primo piano, mentre le scelte nostalgiche sono limitate: il repertorio pesca dai classici di The Dark Side of the Moon - curiosa The Great Gig in the Sky corale e senza vocalizzi muscolari - e Wish You Were Here, ma a prevalere sono i brani delle ultime prove da solista di Gilmour.
Fa eccezione la sorpresa piacevolissima dell'antica Fat Old Sun da Atom Heart Mother, quasi mai ascoltata dal vivo, che si rivela uno dei punti più alti dell'intera esibizione. È il lato più conservatore e midcult dei Floyd, quello amato dagli audiofili che investono cifre strabilianti per ascoltare la musica dei Floyd in alta fedeltà, in un salotto concepito per il massimo nitore di suono.
Può sembrare un paradosso ascoltare brani così profondamente watersiani "scippati" al loro autore, almeno quanto lo è un concerto di Waters in cui il chitarrista è una controfigura di Gilmour che esegue i suoi assoli nota per nota. Ma i due non torneranno mai a suonare insieme, occorre rassegnarsi. Sono due "anime perse che nuotano in una boccia da pesce rosso", come recitano i versi immortali di Wish You Were Here, che certo non erano concepiti pensando a questi Floyd, bensì al fondatore disperso Syd Barrett (benché Gilmour lo neghi recisamente).
Un concerto che è anche un "affare di famiglia", visto il ruolo fondamentale che riveste Romany, talentuosa figlia di David, che è sempre in primo piano nei cori e nei momenti da voce solista. Si può discutere se l'eredità di una delle rock band più importanti di sempre possa ridursi a mera tecnica, ma è giusto dare al pubblico ciò che desidera e il popolo di Gilmour, ormai radicalmente separato da quello dei Floyd di Waters, sa bene cosa attendersi da Live al Circo Massimo. E sa che lo troverà, con impeccabile puntualità.