NOPE

Locandina Un film di Jordan Peele. Con Daniel Kaluuya, Keke Palmer, Steven Yeun, Michael Wincott, Brandon Perea, Donna Mills, Terry Notary, Jennifer Lafleur, Wrenn Schmidt, Keith David, Devon Graye, Barbie Ferreira, Oz Perkins, Eddie Jemison, Jacob Kim, Sophia Coto. Genere Horror - USA, 2022. Durata 130 minuti circa.Il terzo film horror scritto, diretto e prodotto da Jordan PeeleIl terzo film horror scritto, diretto e prodotto da Jordan Peele.di Emanuele Sacchi


Trama

OJ e Emerald Haywood, fratello e sorella, hanno ereditato un ranch ad Agua Dolce, non lontano da Hollywood, dopo la morte del padre Otis sr., avvenuta in circostanze difficili da spiegare scientificamente. L'attività di famiglia riguarda l'addestramento di cavalli selvaggi per l'industria del cinema, ma gli Haywood vantano origini ben più nobili e sostengono di discendere dal fantino bahamense immortalato da Eadweard Muybridge nella sequenza di fotografie del 1878, nota come la prima successione di immagini in movimento (in sostanza il primo film) mai girata. Mentre OJ cerca di vendere i propri cavalli a Jupiter, ex attore divenuto proprietario di un parco dei divertimenti western ad Agua Dolce, avvengono fatti sempre più strani e inspiegabili al ranch degli Haywood, tanto da far pensare a una presenza extraterrestre e ostile.

Introdurre un film con una citazione biblica poco nota, di cui comprenderemo cammin facendo il chiaro intento filosofico, significa alzare fin da subito, e di molto, l'asticella. Seguendo un percorso lineare, che porta da Scappa - Get Out a qui, passando per Noi, Peele cresce in consapevolezza delle proprie capacità e in audacia, trascinato da una volontà sistemica e onnicomprensiva che guarda ai grandi maestri del cinema, quali Spielberg e Kubrick.

Questo non significa poterlo accostare a cotanto senno, bensì evidenziare come lo sforzo titanico di produrre film che siano all'altezza delle aspettative sul piano dell'intrattenimento e su quello della riflessione teorica sia una volontà ambiziosa ma un privilegio di pochi. Jordan Peele è sicuramente tra questi.

Uno dei temi principali riguarda nuovamente l'opera di rimozione del contributo afroamericano alla storia dell'Occidente. In questo caso particolare alla storia del cinema, visto che la sequenza di Eadweard Muybridge più volte ripresa in Nope raffigura chiaramente un uomo di colore, di cui nessuno conosce l'identità (a differenza del bianco e britannico Muybridge, che si è preso tutto il merito). Nasce da qui l'espediente narrativo di Peele, che dona un'identità fittizia al fantino e sceglie come protagonisti del film dei suoi ipotetici discendenti: la famiglia Haywood.

OJ e Emerald, che hanno vissuto sulla propria pelle l'atteggiamento di Hollywood e la sua storia di rimozione, nella pratica dimostrano però di appartenere inesorabilmente alla "società dello spettacolo", vista nel senso del situazionismo di Guy Debord. Ossia anche gli Haywood sono prigionieri, non meno dei loro "antagonisti", di un'illusione. Quella di una vita lontana dalla realtà, perennemente insoddisfacente, e vicina alla percezione della stessa, mediata da schermi digitali e cosparsa di polvere di stelle.

Un sogno americano che passa ancora una volta da Hollywood, con proporzionalità inversa allo stato di salute della stessa: più l'industria del cinema è in crisi o ha un futuro incerto e più cresce il bisogno di credere nella fabbrica dei sogni. Perché il desiderio inappagato non risponde al dato reale, ma al gap tra questo e la sensazione di una mancanza, amplificata da mezzi - social network, bombardamento di immagini di divi, necessità di fotografare e riprendere ogni cosa perché questa diventi vera - ideati per produrre insoddisfazione e per rendere consumatori perpetui del sistema capitalista.

Partendo dalla citazione biblica dell'incipit - libro di Naum, 3:6 - diviene sempre più chiaro il ruolo allegorico dell'oggetto volante non identificato: lo strumento per fare della biblica Ninive (equiparabile a Hollywood?) uno "spettacolo" di distruzione, che Peele trasforma in maniera ardita in uno "spettacolo" nel senso di Debord, una rappresentazione del reale di cui tutti siamo prigionieri.

È impossibile raccontare una realtà che non abbiamo più i mezzi per comprendere e che ci spaventa. È impossibile relazionarsi con la legge della natura, di cui non conosciamo più regole e principi: sarà solo OJ, recluso volontariamente rispetto alla contemporaneità e alle ambizioni di notorietà della sorella, a ricondurre al regno animale l'UFO e ad affrontarlo con tecniche antiche, rispettando il suo ruolo indiscusso di apex predator.

Mentre in un continuo omaggio a Spielberg e a Lo squalo - e in parte anche allo Shyamalan più apocalittico - il tasso di violenza cresce e spinge dalla fantascienza all'horror, i quesiti posti dalla prima parte del film - perché iniziare con la cruenta scena dello scimpanzé? - trovano un senso e riannodano i molti fili rimasti liberi, sorprendendo fino alla fine su natura e sembianze di protagonisti e antagonisti. Inclusa un'ultima spettacolare "trasformazione", che lascia pensare alla rivelazione e liberazione da una rappresentazione mendace e rassicurante del sé, basata su decenni di stereotipi letterari e cinematografici.

Fantascienza, horror, Bibbia, filosofia, storia del cinema, orgogliosa rivendicazione black: tutto trova posto nella ricetta sovraccarica di pietanze di Nope. E non solo, visto che, ancor più di un fanta-horror, Nope è in fondo un western, composto prevalentemente da ranch, cavalli e spazi sconfinati. Una rappresentazione in miniatura dei luoghi che hanno costituito il cinema classico e della natura profonda di una nazione fondata su un distorto senso dell'onore e su litri di sangue innocente versato.

Se Peele fosse (già) Spielberg o Kubrick probabilmente Nope sarebbe un capolavoro senza tempo. Non è così e forse non sarà mai, ma lo sforzo di racchiudere tanta complessità in un lungometraggio, senza mai togliere il piede dall'acceleratore dell'adrenalina, merita un plauso speciale.