LOCKED - IN TRAPPOLA

Locandina Un film di David Yarovesky. Con Anthony Hopkins, Bill Skarsgård, Michael Eklund, Gaston Morrison, Reese Alexander, Harrison MacDonald, Gabrielle Walsh, Chris Webb (III), Garvin Cross, Jeff Sanca, Todd Scott, Angela Uyeda, Lars Grant, Rochelle Okoye, Dan Payne. Genere Thriller - USA, Canada, 2025. Durata 95 minuti circa.Sbagliare bersaglioUn thriller claustrofobico e adrenalinico, dove ogni secondo conta e la redenzione non è contemplata.di Luigi Coluccio


Trama

Una metropoli senza nome, un cielo sporco e buio, una folla di persone che cerca solo di sopravvivere. E in mezzo a tutto Eddie, nei guai dopo che il van con cui fa le consegne si è rotto e senza un soldo per ripararlo. Con un occhio al portafoglio e l'altro alla figlia Sarah che lo aspetta fuori da scuola, Eddie tenta maldestramente di rubare un'auto e guadagnare qualcosa. Dopo alcuni tentativi si imbatte in un SUV lasciato aperto nel bel mezzo di un parcheggio, ma è troppo tardi quando Eddie scopre che la macchina è una trappola perfetta da cui è impossibile fuggire, progettata da un misterioso William che inizia a torturarlo nei modi più disparati.

Il film di Yarovesky rinnova il genere dei confined-space movies, tutto sorretto da Anthony Hopkins e Bill Skarsgård.

A David Yarovesky piace quella categoria dello spirito e del botteghino che sono gli "high-concept movies", a monte venduti come idee accattivanti e strutture narrative coinvolgenti, a valle realizzati in serie dal sistema di approvvigionamento spettacolare americano: The Hive, L'angelo del male - Brightburn e Nightbooks - Racconti di paura con le loro adesioni ai generi e l'alta riconoscibilità commerciale sono il tentativo di Yarovesky di aderire a questo modello produttivo e ritagliarsi così una propria nicchia auto-sufficiente all'interno dell'industria hollywoodiana - e dintorni.

E quindi il nostro non poteva che essere un fan dell'attuale grado zero nel fare cinema negli States, cioè il mining di proprietà intellettuali per estrarre un franchise dalla sicura tenuta pluriennale, con annesso remake laddove necessario per rendere riconoscibile il vecchio prodotto al nuovo consumo spettatoriale. In questo caso ci si è votati alla delocalizzazione delle idee, selezionando dal mercato globale il film argentino 4x4, già rifatto in Brasile come A Jaula e in India come Dongalunnaru Jaagratha, a riprova se non di certe tendenze industriali di sicuro dell'high-concept del film - appunto.

Senza soffermarci nel comparativismo intercontinentale tra i tre titoli, annotiamo subito come Yarovesky - assieme allo sceneggiatore Michael Arlen Ross - sceglie di posizionare questo Locked - In trappola in quel frame critico che vuole gli Stati Uniti sull'orlo di una guerra civile, sfiancati come sono dallo scontro generazionale e dalla polarizzazione ideologica. Il contesto del film è quello di una società piagata dalle droghe, dalla criminalità, dall'indifferenza, dalla sopraffazione, intento reso ancora più preciso dalla scelta di non dare nessuna indicazione geografica reale - la città senza nome è tutte le città con un nome.

Da qui prende le mosse ideologiche, emotive e fattuali il nucleo narrativo di Locked, aggiornando il giustizialismo metropolitano à la Il giustiziere della notte - naturalmente citato in modo sfrontato - ai tempi (anti)moderni che viviamo, con uno spostamento interessante sulla figura del solitario vendicatore, il William di Anthony Hopkins, elitario e facoltoso, in contrapposizione alla street culture e indigenza dell'Eddie di Bill Skarsgård. Lo scontro retorico sembra poi surrogare le attuali "culture wars" tra woke e conservatori, millennial e boomer, sincerità e post-verità, aprendo alla possibilità di vari posizionamenti in risposta al proprio sentire politico e non.

Le premesse - promesse? - di Locked non bastano però a tenere insieme un risultato finale che appare nel migliore dei casi esangue: Yarovesky non riesce a stringere lo sguardo, non ha la forza per ribaltare le dinamiche, non viene a capo di come esaltare le situazioni. La scelta di adoperare una visione panoramica per la messa in scena, con i continui andirivieni della camera e i trecentosessanta gradi toccati più volte, disinnesca la tensione primaria dello spazio, quell'high-concet iniziale che aveva fatto la fortuna di titoli come Buried e perfino delle superfici ideali dei desktop films come Searching.

E se alla fine tutto risulta troppo monotono e scialbo, fissiamo per un attimo il nostro angolo sui due protagonisti - che sarebbero potuti essere tre se la macchina che sta, letteralmente, al centro di tutto, quella Dolus iper-tecnologica, avesse avuto almeno un principio di tecno-feticismo -, qui posti agli antipodi delle loro abituali collocazioni attoriali: Hopkins, alfiere del mimetismo che abbisogna solo di sguardo e portamento come in Quel che resta del giorno e ovviamente Il silenzio degli innocenti, qui si sovraccarica anche e soltanto a partire solo dalla voce; Skarsgård, il corpo mutato e smontato per eccellenza degli ultimi anni degli It e dei Nosferatu, stavolta non ha niente con cui giocare se non solo sé stesso.