RAFFAELLO - IL GIOVANE PRODIGIO

Locandina Un film di Massimo Ferrari. Con Valeria Golino. Genere Arte - Italia, 2021. Durata 90 minuti circa.


Trama

Il 6 aprile del 1520, nella notte della sua morte tra venerdì Santo e lunedì di Pasqua, la salma di Raffaello viene accompagnata da un numeroso corteo in lutto. La città di Roma voleva mostrare il proprio tributo a un uomo importante, buono, talentuoso. A un prodigio. Per colpa di una polmonite e di una vita molto attiva era mancato, a 37 anni, il grande maestro di Urbino, quel pittore e architetto che aveva realizzato uno dei cicli di affreschi tra i più noti al mondo: le cosiddette "Stanze di Raffaello" al Museo Vaticano.

Raffaello, il divino artista qui raccontato dalla densa e personale voce narrante di Valeria Golino, viene sepolto insieme agli altri dèi delle arti all'interno del Pantheon. Il giusto tributo per un personaggio che ha lasciato tracce ancora oggi vivide, irripetibili e inarrivabili per la perfezione formale ed estetica delle sue opere.

Raffaello Sanzio nasce a Urbino nel 1483. La piccola città nel cuore delle Marche, luogo del potere del Duca di Montefeltro, guerriero e attivo mecenate delle arti rinascimentali, era crocevia di talenti. E tale si rivela subito Raffaello, alle prese con estetiche nuove, tecniche, scoperte, l'uso lodevole di materiali e pigmenti, sin da bambino, alla bottega del padre Giovanni Santi. Grazie alle sue grandi capacità e all'appoggio del padre, Raffaello si muove tra le corti importanti, passando da un committente all'altro, già da adolescente, affermandosi velocemente come "giovane prodigio". Questi aggettivi lo accompagneranno fino all'ultimo giorno e oltre, poiché saranno incisi sulla sua tomba all'interno del Pantheon romano, come effige testimone nel tempo.

Il mito, dunque, si perpetua a seguito del suo grande talento nella raffigurazione umana, nelle espressioni reali e addolcite di alcuni soggetti che, già prima di compiere vent'anni, erano riconoscibili, già dal timbro personale che mirava alla perfezione di forme, colori, soggetti.


Nel percorso alla scoperta di Raffaello ci accompagnano gli appassionati storici dell'arte e direttori di musei Giuliano Pisani, Lorenza Mochi Onori, Vincenzo Farinella, Tom Henry, Gloria Fossi, Ippolita di Majo e Amèlie Ferrigno, tracciando dettagli stilistici e umani del grande pittore e architetto.
Un primo, importante lavoro che renderà Raffaello tanto noto da recarsi a Firenze, è dato dalla commissione di Elisabetta Gonzaga, donna rigorosa e amante delle arti. E di rigore tratta il dipinto che Raffaello realizza, dove la donna risulta potente e austera, grazie ai dettagli estetici perfetti e ai rimandi delicatamente politici, che indicano il soggetto come personaggio di potere. Gli ornamenti del vestito della Gonzaga sono minuziosi, luminosi, perfetti. Le geometrie create dalla figura stagliata in primo piano e i suoi dettagli, come lo scorpione sulla collanina - citazione del conflitto tra la dama e Cesare Borgia - sono tracce importanti di un artista già adulto nell'atto creativo.

E poi "La Muta" (1507), un ritratto di donna misteriosa, che Raffaello fa avvicinare al pubblico grazie alla mano dipinta che indica la cornice, come a lasciare uno spazio tangibile tra lei e lo spettatore. Probabilmente il soggetto di questo ritratto era Giovanna Feltri, donna di corte amante delle arti che, nello stesso anno, scrive una lettera al Soderini, gonfaloniere della pittura di Firenze, la culla di tutte le arti e culture di quel momento storico, il luogo dove tutto accadeva e dove tutti si incontravano. Giovanna Feltri raccomanda Raffaello al Soderini. E il giovane artista si reca a Firenze nel 1504, nel pieno del fermento culturale.
Con l'ispirazione dei maestri del suo tempo, dai Piero della Francesca ai Perugino, Raffaello viene chiamato e già acclamato dalle corti fiorentine e realizza alcuni tra i suoi capolavori, come il "Tondo Doni" (1503-1504). Questa pittura, dalla innovativa forma a tondo, a sottolineare l'importanza per le architetture e il movimento di Raffaello, raffigura la sacra famiglia in una maniera inaspettatamente umana, toccante per la romantica realtà con cui il maestro ritrae le figure. La Vergine è una madre assolutamente umanizzata: è aggraziata, gioca col bambino. La sua posizione è centrale, ma nuova per il rigore pittorico dei tempi: è completamente in torsione verso il bambino Gesù, quasi a creare un vortice unico tra lei e il figlio.

La famiglia, insieme alla donna e, in particolare alla Vergine madre, sono tematiche importanti per Raffaello. Orfano di entrambi genitori sin da giovane e grande amante delle donne, il genio delle arti non cesserà mai di rendere tributo a questi soggetti. Volti e corpi che accompagnerà sempre a paesaggi e creature speciali, come dimostrano le stanze papali, uno dei progetti collettivi più laboriosi mai realizzati. Quando Raffello si reca a Roma, Papa Leone X lo invita presso il Vaticano per realizzare gli affreschi per i lunghi corridoi, dove l'artista mette in atto un progetto enorme, che realizza con l'intera bottega e chiamando giovani - artigiani e pittori anche quindicenni - da tutta Italia a lavorare accanto a lui.

Nel film lo spettatore è immerso all'interno dei luoghi di Raffello: dalle città viste dall'alto e nei dettagli vissuti, fino ai luoghi ora diventati musei e alle chiese. Un racconto di immagini puntellato dalle raffinate illustrazioni di animate di Giordano Paoloni.

Il pubblico entra nella Galleria Borghese per ammirare la moderna "Dama con Liocorno" (1505-1506), o la "Madonna Sistina" (1513-1514), la pittura più nota al mondo - grazie anche ai due putti in primo piano - prima del furto della "Gioconda" di Leonardo, nel dettaglio. Un percorso alla scoperta dell'evoluzione stilistica che spinge Raffaello a dipingere in maniera sempre diversa, più evoluta, come dimostra "La trasfigurazione" (1516-1520), quel Cristo che ricorda già una pittura ottocentesca, che richiama Goya o El Greco per la sua modernità. Del resto, anche complessi intellettuali del ventesimo secolo ricordano Raffaello come il genio più raffinato di tutti, come si evince anche dalle parole di Nietzsche che lo definisce "immortale".