KOZA NOSTRA

Locandina Un film di Giovanni Dota. Con Irma Vitovskaya, Giovanni Calcagno, Giuditta Vasile, Lorenzo Scalzo, Gabriele Cicirello, Maurizio Bologna, Adriano Pantaleo, Vincenzo Pirrotta. Genere Drammatico - Italia, Ucraina, 2022. Durata 103 minuti circa.Esordio al lungometraggio di Giovanni DotaCoproduzione italo-ucraina, nel cast Irma Vitovska e Giovanni Calcagno.di Alice Catucci


Trama

Vlada Koza, donna di mezz'età ucraina, diventa nonna per la prima volta e piena di entusiasmo decide di prendere un aereo e di andare a trovare sua figlia in Italia, piombandole in casa senza preavviso. La ragazza però non apprezza le attenzioni della madre, tanto premurosa quanto invadente, e la mette alla porta, lasciandola sola nell'entroterra siciliano. A causa di un incidente d'auto Vlada si trova catapultata a Villa Laganà, dove diventa la governante di Don Fredo, capo clan di un'anomala famiglia mafiosa che lotta per non essere eliminata dall'organizzazione. Vlada che ama prendersi cura degli altri, non tarda a rendersi utile e per un po' regna il benessere a casa Laganà. Questo finché la donna non capisce davvero chi sono Don Fredo e i suoi tre giovani figli.
Giovanni Dota esordisce con il suo primo lungometraggio e lo intitola Koza Nostra, giocando così con il cognome della sua biondissima protagonista, interpretata dall'attrice ucraina Irma Vitovska.
E in effetti tutto il film di Dota, sceneggiato a quattro mani con Anastasiia Lodkina, Giulia Magda Martinez e Matteo Visconti, è un'opera giocosa, che in pieno accordo con gli stilemi parodistici, sfrutta gli stereotipi per esprimersi al meglio. Lo fa in primis attraverso la messa in scena tutta: partendo dai costumi coloratissimi ed esagerati di Marina Roberti, fino ad arrivare alle scenografie di Maurizio Leonardi, che restituiscono uno scenario così folle da risultare veritiero, kitsch al limite del grottesco, perfetto per raccontare una storia di mafia con toni prettamente comici.
E va detto subito che il film riesce a divertire più volte, forte anche della bravura dei suoi protagonisti, alcuni dei quali spiccano particolarmente: ad esempio Lorenzo Scalzo nei panni di Luca, figlio di Don Fredo e lo stesso Giovanni Calcagno, che interpreta per l'appunto il capo clan dei Laganà. Insomma Koza Nostra è un film che riesce a far ridere, anche e soprattutto per il fatto che i suoi interpreti sanno gestirsi abilmente nei tempi comici, capacità più che mai fondamentale per film di questo genere. Infatti, una nota dolente nel film di Dota, potrebbe riguardare non tanto i tempi comici degli attori, quanto il ritmo comico della scrittura stessa. Forse perché Koza Nostra sembra a concentrarsi troppo sulla trama, preoccuparsi di arricchirla di dettagli, di infittirla, faticando così a lasciarsi andare al dolce far niente, alla sacra inutilità della gag. Sono minuzie, sia chiaro, ma questo preoccuparsi troppo di "ciò che accade", è interessante come rispecchi alla perfezione una questione che riguarda molti film italiani (e non solo quelli comici): e cioè quella di non riuscire a mollare un po' la presa sulla scrittura, di prendere coraggio e lasciarsi andare allo spreco di spazio e tempo, caratteristica primaria di ogni film comico che si rispetti.

In fondo siamo pur sempre cresciuti con la meravigliosa inconcludenza di Totò e Peppino, o con i lunghi e malinconici balbettii di Massimo Troisi. Inoltre qui ci troviamo nel campo ancor più specifico del parodistico, perché Koza Nostra è a tutti gli effetti la parodia di un film di mafia, con boss cattivissimi e sparatorie all'ultimo sangue. Ma ecco, c'è troppa struttura, e di conseguenza rigidità, nemica prima della parodia, un virus che va a intaccarne l'efficacia e che minaccia lo spirito libero della comicità. Pensiamo al re delle parodie, il signor Mel Brooks, che con Robin Hood - Un uomo in calzamaglia, per prenderne uno, non fa che girare intorno alla stupidità sacra delle sue gag, esaltando così e omaggiando al contempo la demenzialità. Ecco forse questo un po' manca a Koza Nostra e cioè il coraggio di mollare un po' di trama e struttura, di abbandonare il sentiero sicuro della storia e di sfruttare ciò che i suoi interpreti possono regalargli in quanto a "scemenze", lasciandosi andare così definitivamente al "cazzeggio", che si avverte, ribolle nel sangue di Koza Nostra.