I'M YOUR MAN

Locandina Un film di Maria Schrader. Con Maren Eggert, Dan Stevens, Sandra Hüller, Hans Löw, Annika Meier, Jürgen Tarrach, Wolfgang Hübsch, Helena Hentschel, Falilou Seck. Genere Commedia - Germania, 2021. Durata 105 minuti circa.


Trama

Alma è un'archeologa che lavora in un museo di Berlino, e non pensa ad altro che al suo grande progetto di ricerca. L'unica eccezione è un favore a un collega, per il quale si presta come "collaudatrice" dell'ultimissima tecnologia in fatto di robotica: un androide-partner costruito su misura attorno al suo padrone, per soddisfarne ogni desiderio fisico, emotivo o intellettuale, che siano essi consapevoli o meno. Scettica ma disposta a tollerare tre settimane di prova, Alma fa entrare in casa sua Tom, una macchina programmata per farla felice ma alle prese con un soggetto che non cerca né romanticismo né una relazione.

L'incontro tra sentimenti e tecnologia ha dato al cinema parecchio materiale, specialmente negli ultimi due decenni in cui il mondo ha iniziato a confrontarsi sempre più urgentemente con le promesse e le minacce dell'intelligenza artificiale.

Rispetto a film come Ex machina ed Her, ormai parte del canone di questo particolare sottogenere, la delicata commedia tedesca I'm your man si fa notare per due aspetti principali. Innanzitutto è molto più intelligente e sofisticata di quanto il suo approccio lo-fi e domestico lasci immaginare, a riprova di come non servano effetti visivi all'avanguardia o la ricostruzione di città del futuro per andare dritti al centro della questione filosofica di base.

In secondo luogo, la quarta regia di Maria Schrader rielabora la premessa dell'attrazione tra umano e robot attraverso un'inversione di genere rispetto al più consueto cliché della donna "artificiale". Un aspetto che l'autrice della miniserie Unorthodox esplora riccamente e che va ben oltre la trovata di servizio o di facciata.

Divertente, astuto e profondamente riflessivo, I'm your man mette di fronte una straordinaria Maren Eggert, il cui pragmatismo iniziale lascia il passo a una labirintica profondità emotiva nell'arco della storia, e un volto notevole come quello di Dan Stevens. Il camaleontico attore britannico, la cui carriera post-Downton Abbey è stata una vera e propria lectio magistralis su come demolire e riconfigurare un aspetto da "bello e buono", sfrutta al massimo una parte che gli richiede di essere un "androide fuor d'acqua" a molteplici livelli.

Se la prima ha giustamente ricevuto il premio per la miglior interpretazione al festival di Berlino, il secondo si accontenta di una prova d'attore visibilmente divertita, dagli aspetti tecnici (le numerose gag fisiche sui suoi movimenti artificiali) a quelli linguistici, in cui dà sfoggio di un ottimo tedesco dall'accento inglese, visto che, grazie a Tom, Alma scopre un'attrazione per gli uomini stranieri di cui era ignara.

In una Berlino particolarmente museale che raramente devia dall'asse tra il Pergamonmuseum e la cattedrale (come a rifiutare anche visivamente la proiezione verso il futuro del genere) si cerca in lungo e in largo una risposta alla domanda su cosa sia davvero il nostro desiderio, e se esaudirlo completamente attraverso un partner programmato a puntino non equivalga in realtà a disattenderlo del tutto. Giocando con gli stereotipi di genere e del genere lungo il tragitto, e mostrando un fondo di tenera disillusione che ben si accompagna alla scelta di personaggi non troppo giovani. Perché in fondo per ponderare la perfezione ci vuole una certa esperienza.