Un film di Christopher McQuarrie. Con Tom Cruise, Hayley Atwell, Ving Rhames, Simon Pegg, Vanessa Kirby, Esai Morales, Pom Klementieff, Mariela Garriga, Henry Czerny, Holt McCallany, Rebecca Ferguson, Hannah Waddingham, Shea Whigham, Indira Varma, Nick Offerman, Janet McTeer, Charles Parnell, Rolf Saxon, Tommie Earl Jenkins, Deena Trudy, Lucy Tulugarjuk. Genere Azione - USA, 2025. Durata 165 minuti circa.
La fine del mondo è vicina ma Ethan Hunt non è lontano e riparte da dove aveva lasciato. Recuperata una preziosa chiave crociata, deve raggiungere adesso il Sevastopol, un sottomarino nucleare russo, distrutto dall'Intelligenza Artificiale, che giace sotto la calotta polare. La chiave gli permetterà di recuperare il 'codice sorgente' dell'IA e di disinnescarla. Ormai autonoma e 'cosciente', l'Entità accede a qualsiasi sistema operativo, manipola fatti, dati e persone ed è determinata a sterminare la razza umana. Mentre Hunt cerca una soluzione, l'IA prende progressivamente il controllo delle armi di distruzione di massa. Il tempo stringe, non resta che correre. Ancora e ancora.
Dopo aver salvato il cinema, Tom Cruise salva il mondo. Non stiamo esagerando, perché la sua nuova missione impossibile manifesta un (buon) senso di onnipotenza.
L'Entità vuole spingere l'umanità e i governi del mondo verso un'apocalisse nucleare, l'ultima linea di difesa sono naturalmente Ethan Hunt e il suo team. Dopo un'introduzione che ripercorre in montaggio parallelo i fondamentali della saga lanciata trent'anni fa, a partire dalla serie televisiva di Bruce Geller, Mission: Impossible - The Final Reckoning assume il peso della gravità, intesa come condizione e come forza che tiene il film incollato a terra. Per i primi cinquanta minuti, almeno, in cui respiriamo un'atmosfera da fine del mondo, che fa rima con la possibile fine della saga. La nota è funebre e in risonanza con gli eventi attuali: pericolo nucleare, democrazia minacciata...
Poi la musica cambia e il film decolla letteralmente col nostro eroe, preso in consegna da un elicottero militare e portato laddove si deciderà il suo destino e quello del mondo. Conosciamo la musica (pam pam, pam pam pam pam, pam pam pam pam) e la meccanica della saga, come Tom Cruise non rallenta e rilancia obbedendo alla logica collaudata e irrealistica dei film d'azione. Una tenacia pavloviana eretta a sistema da un attore che sfida ancora la morte e alza la posta in gioco, narrativa ed emozionale, convocando i precedenti capitoli ed esplorando a fondo il suo legame con Ethan Hunt.
Perché mai come in Mission: Impossible personaggio e uomo coincidono. Isolati dal sistema, è a loro che i servizi segreti come Hollywood ricorrono per garantire la longevità del pianeta o del cinema. E alla chiamata nessuna delle due star può resistere, offrendo lo struggente spettacolo di sé in due movimenti prodigiosi che rendono obbligatorio vedere The Final Reckoning sul grande schermo.
E convincerci ad acquistare un biglietto per la sala è sempre stata la vera missione di Tom Cruise e Christopher McQuarrie, che con la sequenza acquatica, variante della leggendaria 'discesa' di Hunt nel caveau della CIA, tocca il cuore del suo progetto estetico.
Autore e attore si immergono in profondità per raggiungere il relitto di un sottomarino e per concludere il loro progetto 'in silenzio' e lontano dal fracasso dei blockbuster. Venti minuti di cinema muto, di geometrie sofisticate, di suspense e di sospensione dove lavora una forma di azione quasi astratta, una sorta di logica onirica che culla Hunt e insinua la monumentalità del film.
Se Hunt va alla sorgente dell'IA, McQuarrie va all'origine del suo agente, spogliato della muta e con il corpo come unica dotazione. E quello di Cruise è sempre stato un corpo da ammirare, ieri e oggi mentre risale in superficie e conclude una 'corsa indietro', rannicchiandosi in posizione fetale, nudo, separato, forse morto ma di nuovo vivo nella sequenza aerea. Un inseguimento in biplano che segna una sorta di punto limite dello stunt di Cruise, dove i riferimenti spaziali si dissolvono gradualmente e lo sguardo dello spettatore non riesce più a comprendere la logica spaziale se non ancorandosi alla presenza del divo al centro dell'inquadratura.
Tom Cruise ribadisce sullo schermo la tangibilità del suo corpo, anche se questo significa deformarlo e imbruttirlo quando il vento gli spazza la faccia in alta quota o quando le profondità dell'oceano gli provocano tremori e spasmi muscolari. Il mondo oppone la sua resistenza al corpo dell'attore che non solo salta, corre, si batte, fa degli ostacoli un'arma e degli oggetti ordinari qualunque cosa ma salta sempre più in alto, corre ancora più forte, cade da un cielo ancora più grande per dire il suo sogno folle: prima degli algoritmi, dei droni, dell'IA, un uomo aveva già esplorato tutto e in tutte le direzioni, conquistato l'intero mondo avanzando, l'azione più pura all'origine del cinema (slapstick).
Correndo, Tom Cruise ci riporta ogni volta al mondo dell'infanzia, quando sentivamo il corpo, più cinegenico di un magma blu. Affamato di analogico, e in linea con un metodo promozionale che ha dato i suoi frutti con le acrobazie dell'attore, The Final Reckoning torna all'essenziale. Quello che conta, che è sempre contato, è la gravità e il fatto di trascrivere le sue conseguenze sulla silhouette di Ethan Hunt, negli abissi o tra le nuvole.