WATERMELON MAN

Locandina Un film di Melvin Van Peebles. Con Godfrey Cambridge, Mantan Moreland, Estelle Parsons, Howard Caine, Kay E. Kuter, Irving Selbst, Emil Sitka, Karl Lukas, Ray Ballard, Paul Williams (II), Ralph Montgomery, Charles Lampkin, Frank Farmer. Genere Commedia - USA, 1970. Durata 97 minuti circa.Il primo film americano di Melvin Van PeeblesGeniale commedia del leggendario maestro del cinema afroamericano indipendente Melvin Van Peebles, è il suo primo film americano e l'unico prodotto da una major.di Simone Emiliani


Trama

Jeff Gerber è un borghese bianco che lavora come venditore di assicurazioni. È sposato con Althea ed è padre di due bambini. Mentre la moglie ha una mentalità più progressista, lui invece è razzista e sessista. Ogni mattina si sveglia, si allena, fa la lampada solare e poi esce di casa per andare a lavorare sfidando di corsa il bus per arrivare prima di lui alla fermata. Una notte va in bagno, si guarda allo specchio e scopre che la sua pelle è diventata nera. All'inizio pensa che sia un incubo, ma non è così. Appena la moglie lo vede, inizia a urlare. Jeff a quel punto le prova tutte per cercare di tornare bianco: si lava più volte, si fa il bagno nel latte ma non cambia nulla. Alla fine decide di farsi coraggio e di tornare ad affrontare la vita di tutti i giorni. Ma non sarà così facile.
C'è un urlo nel fermo-immagine finale. È proprio nell'ultima inquadratura che Watermelon Man sprigiona tutta la sua rivolta, umana e politica.
Ancora oggi il secondo lungometraggio di Melvin Van Peebles, realizzato dopo La permission del 1967, mantiene intatta la sua carica dirompente e, più che una presa in giro dei luoghi comuni sui bianchi e i neri, rappresenta un quadro degli Stati Uniti di quell'epoca. Dall'iniziale distanza oggettiva da Jeff, interpretato da Godfrey Cambridge inizialmente truccato da bianco, il cineasta si immedesima con il protagonista e vede attraverso i suoi occhi. In alcuni momenti le soggettive sono esplicite come quella del suo ritorno in ufficio di Jeff da nero o, ancora più importante, quella allucinata della polizia che vuole fermarlo. In altri casi sono più nascoste ma sono evidenti nella deformazione e mutazione degli altri personaggi che gli stanno attorno, a cominciare dalla moglie dove la convincente prova di Estelle Parsons smaschera le contraddizioni liberal della classe media, al capo-ufficio, il medico che decide di scaricarlo e la segretaria norvegese che, dopo una notte di sesso, lo accusa di averla stuprata. Van Peebles potenzia la fisicità del suo protagonista: lo vediamo allenarsi, correre (c'è chi ha visto nella sfida contro l'autobus la fuga verso la libertà), camminare solitario nella notte. Attraverso la sua figura in continuo movimento, mette in luce la deformazione della realtà dopo la sua mutazione, un po' come l'alterazione dell'esemplare padre di famiglia interpretato da James Mason che diventa megalomane in Dietro lo specchio di Nicholas Ray.
Un film come Watermelon Man, seguito l'anno successivo da quello che è considerato il manifesto del cinema blaxploitation, Sweet Sweetback's Baadasssss Song, ha aperto la strada a tutta una generazione di cineasti afroamericani come Spike Lee e John Singleton, soprattutto nel modo in cui hanno intrecciato squarci da commedia per mettere invece a nudo la lotta di tutti i giorni e l'affermazione della dignità dei suoi protagonisti. Pieno di momenti divertenti, come i numerosi tentativi di Jeff di tornare bianco e dialoghi secchi e incalzanti, Watermelon Man alterna una narrazione apparentemente classica a sperimentazioni visive di grande impatto come quella fantasy del riflesso del mare e delle fiamme sulle foto di famiglia che anticipa la metamorfosi di Jeff o le didascalie da cinema muto che potrebbero essere un rimando/parodia al cinema di Griffith. In più utilizza una musica che diventa gradualmente disturbante, composta dallo stesso Van Peebles per sottolineare il cambiamento totale della quotidianità del protagonista. Un film come questo rappresenta un piccolo miracolo. Regge benissimo come commedia ma anche come inquietante quadro del razzismo nascosto dietro la facciata del perbenismo, come nelle telefonate anonime ricevute da Jeff. È uno spaccato intelligente, ironico, amaro ma già riesce a guardare verso il futuro.