STORIA DI MIA MOGLIE

Locandina Un film di Ildikó Enyedi. Con Léa Seydoux, Gijs Naber, Louis Garrel, Sergio Rubini, Jasmine Trinca, Luna Wedler, Josef Hader. Genere Drammatico - Germania, Ungheria, Italia, 2020. Durata 169 minuti circa.Una scommessa in un bar può cambiare molte viteUn capitano di mare fa una scommessa in un caffè con un amico che sposerà la prima donna che entra.di Paola Casella


Trama

Anni Venti. Il capitano di lungo corso Jakob Storr ha il controllo totale della propria nave ma non della propria vita. In particolare a sfuggirgli è sua moglie Lizzy, una donna francese incontrata per caso (ammesso che il caso esista): il capitano Storr si voleva sposare, credendo di dare così maggiore stabilità alla propria vita, e si è proposto alla prima donna che è entrata in un caffè. Lizzy è una creatura affascinante ma del tutto inafferrabile per un uomo come Storr, che ha fatto della virilità la sua corazza, e che considera disonorevole e sconveniente il comportamento allegro della moglie. Ed è divorato dalla gelosia e la frustrazione davanti a quella donna che balla, beve, fuma e non si fa dire da nessuno come vivere.

"È inutile aspettare che la vita si adatti a te: sei tu che devi adattarti a lei", gli dirà Lizzy. Ma Jakob è incapace di lasciarsi andare alla consapevolezza che "la vita non è fatta altro che di giocose metamorfosi e non ha senso cercare qualcosa di rassicurante, un piano sensato, un obiettivo più alto: perché non c'è", come scrive Milàn Fust, l'autore ungherese di "La storia di mia moglie", romanzo da cui è tratto il film diretto dalla sua connazionale Ildiko Enyedi. La regista e sceneggiatrice aveva già firmato Corpo e anima, Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 2017, e sembra avere una particolare propensione per le grandi storie d'amore.

La storia di mia moglie è smaccatamente sentimentale, ma è anche un trattato sui rapporti fra uomini e donne che si attraggono irresistibilmente ma continuano a non capirsi, nonché sulla tendenza di certe persone a rifiutare l'aspetto fragile e volubile dell'esistenza.

La messinscena è sontuosa, magnificamente fotografata da Marcell Rév e abbigliata dai bellissimi costumi di Andrea Flesch, e i due protagonisti, l'attore olandese Gijs Naber e soprattutto l'attrice francese Léa Seydoux, sono fisicamente ed emotivamente perfetti nei ruoli di Jakob e Lizzy. Il paragone inevitabile è con Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick e soprattutto con il "Doppio Sogno" di Arthur Schnitzler, il romanzo breve del 1925 cui era ispirato.

Le sette lezioni di vita che punteggiano il racconto di La storia di mia moglie portano Jakob dal pragmatismo iniziale alla presa di coscienza finale con un passo lento e rigoroso che fa parte della visione artistica di Enyedi, ma anche di quell'epoca lontana evocata come un fantasma: un'epoca improntata al maschile, e in realtà rediretta dalle donne attraverso la sensualità e il mistero. Lizzy provoca e sfida suo marito e non rivela mai i suoi sentimenti per lui, né i suoi possibili tradimenti. Ciò che rivendica, senza fare battaglie e dietro lo schermo di un'apparente arrendevolezza, è la propria autonomia di essere umano, mentre la millantata onestà di lui si traduce spesso in collera, intransigenza e sfiducia.


La regia di Enyedi è fluida come il mare che il capitano attraversa, come l'acqua sotto i ponti di Parigi e di Amburgo e come il nostro destino inconoscibile. A porte chiuse però tutto si raggela, diventa immobile e claustrofobico, la compostezza formale prende il sopravvento interrotta solo dal movimento sensuale del corpo di Lizzy, che si sottrae alle costrizioni intorno a lei. Ma anche dietro la confezione algida, che riflette invece la personalità di Jakob, si agita quel fuoco incandescente che il capitano fatica a trattenere, e che è la vita nella sua essenza incendiaria, in grado di mandare in cenere ogni umano progetto. Eppure Jakob ha fiducia nella pioggia, sapendo che prima o poi arriverà a spegnere l'incendio.