Un film di Ivano De Matteo. Con Stefano Accorsi, Ginevra Francesconi, Michela Cescon, Thony, Toni Fornari, Barbara Chiesa, Beatrice Puccilli, Anita Pititto, Samuel Christian Franzese. Genere Drammatico - Italia, 2025. Durata 103 minuti circa.
Sofia è un'adolescente che ha perso la madre e mal sopporta la nuova compagna di suo padre Pietro. Una sera i conflitti tra le due, innescati puntualmente dall'insofferenza di Sofia, sfociano nell'irreparabile. Quando Sofia verrà arrestata inizierà un lungo percorso, e suo padre Pietro si ritroverà a dover mettere in pratica valori come comprensione e accettazione, ma il perdono non è scontato.
Un film doloroso, che mira ad approfondire senza mai giudicare.
È Una figlia di Ivano De Matteo, regista che ci ha abituati da sempre a opere che sospendono ogni giudizio e affrontano tematiche complesse, difficili, spesso dure. Non sono film che si dimenticano facilmente, i suoi. Non sono facili da digerire, ed è un complimento: a fronte di un certo cinema nostrano superficiale e patinato, il suo è ancora un cinema che va a fondo, ancorato e attento alla realtà, alle sue sfumature e alle sue contraddizioni. Un cinema non rassicurante e per questo interessante, capace di intercettare certe espressioni di malessere sociale e raccontarle senza fronzoli e senza retorica.
Questa volta, ispirandosi liberamente al libro "Qualunque cosa accada" di Ciro Noja, sceglie di riflettere su un dramma che si consuma tra le pareti domestiche e torna, dopo Mia, a indagare insieme alla cosceneggiatrice Valentina Ferlan il complesso rapporto tra un padre e una figlia. Ma se lì c'era una ragazza-vittima da tentare di proteggere, qui c'è una figlia carnefice. L'omicidio si consuma nelle prime scene, il film non è un giallo alla ricerca del colpevole, è tutto chiarissimo sin dall'inizio.
Come nella miniserie del momento Adolescence anche qui c'è un'adolescente colpevole di un reato gravissimo al centro della scena e un padre con in mano una miriade di frantumi emotivi da ricomporre.De Matteo ben descrive cosa succede alla ragazza, dall'arresto in poi, guardandosi bene dall'edulcorazione a cui alcuni prodotti di successo - come la serie Mare Fuori - hanno abituato lo sguardo del pubblico italiano. Racconta quello che è lo slittamento in un altro mondo, quello carcerario, realtà eufemisticamente dura per una minorenne che fatica ad accettare di dover lasciare le sicurezze della vita precedente.
Al disagio esistenziale della figlia, restituito da una Ginevra Francesconi assolutamente convincente, generosa e ben diretta, risponde quello di suo padre Stefano Accorsi, qui nel ruolo drammatico, a tratti straziante, di un padre due volte vedovo che non sa cosa fare, come bilanciare rabbia, dolore e istinto paterno, come accettare una circostanza inaccettabile. Una moglie venuta a mancare, una nuova compagna (Thony, sempre brava) uccisa e una figlia in carcere. L'unico barlume di luce è rappresentato dalla sua amica avvocata, interpretata da una Michela Cescon che non delude mai.
La regia non prende le parti di nessuno, non mira a riabilitare né esaltare la figura dell'adolescente carnefice, prova solo a fare un passo indietro e mostrare cosa accade. Tra le tante riflessioni del film ne emerge, specie sul finale, una: «Un genitore non può mai smettere di essere un genitore, qualunque cosa accada». Quel 'qualunque cosa' fa la differenza, specie se mentre un genitore rimette in discussione tutte le proprie convinzioni una figlia riesce a fatica a ricostruirsi una vita, che deve essere necessariamente nuova, lontana dall'etichetta di "mostro" che con facilità applicano i social e una società sempre più attenta più al sensazionalismo che allo spessore umano.