TETSUO II: BODY HAMMER

Locandina Un film di Shin'ya Tsukamoto. Con Tomoro Taguchi, Nobu Kanaoka, Shin'ya Tsukamoto, Renji Ishibashi, Keinosuke Tomioka, Min Tanaka, Sujin Kim, Hideaki Tezuka, Tomoo Asada, Roraemon Utazawa. Genere Horror - Giappone, 1991. Durata 85 minuti circa.Tsukamoto torna sul luogo del primo capitolo, con un film più accessibile ma comunque disturbanteOttime riprese e inquadrature per questa seconda opera di Tsukamoto. Però l'originalità e l'eversione del primo Tetsuo è andata persa. L'uomo ...di Emanuele Sacchi


Trama

Taniguchi Tomoo è un impiegato, felicemente sposato e con un figlio piccolo. Un giorno due loschi figuri rapiscono il bambino e Tomoo li insegue per vendicarsi. La sua ira lo porta a trasformarsi in un'arma metallica fuori controllo, che attirerà l'attenzione di una setta di culturisti feticisti del metallo, guidata dall'oscuro Yatsu.
A tre anni di distanza dal seminale Tetsuo: The Iron Man, in bianco e nero e 16mm, Shinya Tsukamoto torna sul luogo del delitto, con un sequel solo nominale, che è in sostanza un reboot della vicenda.
Il film precedente aveva sintetizzato in modo impareggiabile il malessere metropolitano e la voglia di superomismo del colletto bianco giapponese: un medioman frustrato e imprigionato dal sistema-macchina, finalmente pronto a fondersi con esso e a esplodere di rabbia. Il futurismo marinettiano che si fa carne e anticipa la connettività inarrestabile degli anni che verranno (nonché il disagio che da questa deriverà).
Con Tetsuo II: Body Hammer, Shinya Tsukamoto torna a esplorare l'universo post-industriale e ossessivo di Tetsuo: The Iron Man, ma questa volta lo fa allargando lo spettro visivo e tematico, senza rinunciare alla furia creativa che lo contraddistingue. Il corpo maschile si fa nuovamente macchina, come reazione estrema alla violenza urbana e al trauma personale, in un mondo dove l'empatia è sostituita dalla logica della sopraffazione. Rispetto al primo Tetsuo, Body Hammer appare più accessibile, ma non per questo meno disturbante. L'erotismo grottesco ed esuberante viene espunto, in favore di un approccio più concettuale, che esplicita, forse troppo, il senso del film. La colonna sonora industriale di Ishikawa Chu, il montaggio serrato, la regia convulsa e i continui flash di violenza costruiscono un universo claustrofobico, dove il confine tra vittima e carnefice si fa sempre più labile. Tsukamoto riflette sul concetto di corpo come territorio colonizzato - dalle macchine, dai traumi, dalla rabbia - sulla mascolinità contemporanea, incapace di esprimere fragilità e costretta a manifestarsi attraverso l'aggressività. In questo senso, la trasformazione fisica del protagonista è l'inevitabile conseguenza di un mondo che reprime il dolore e lo converte in energia distruttiva. In superficie il mondo è oppresso dai grattacieli e dall'alienazione del Capitale; sottoterra il corpo e il sudore si prendono la loro rivincita. Ma non basta. Solo mutando verso il post-umano l'homo sapiens potrà opporsi e liberarsi dalle catene, per abbracciare un incerto futuro. Sulle immagini ora irrompe il colore, in un contrasto tra il gelido blu elettrico della vita impiegatizia e il rosso della fabbrica-fornace, dove si ritrova la setta di culturisti. Uno scontro, quello tra Tomoo e Yatsu, che si ripropone inesorabilmente, facendo implodere definitivamente il sistema sociale. Un'opera che va esperita più che compresa, che lavora a livello sensoriale, attaccando lo spettatore con suoni, immagini e ritmi che evocano la tensione elettrica di una metropoli sull'orlo del collasso.