LA CASA DEGLI SGUARDI

Locandina Un film di Luca Zingaretti. Con Luca Zingaretti, Gianmarco Franchini, Federico Tocci, Chiara Celotto, Alessio Moneta, Riccardo Lai, Marco Felli, Cristian Di Sante, Katia Greco. Genere Drammatico - Italia, 2024. Durata 109 minuti circa.


Trama

Marco è un poeta 23enne alcolizzato che ha abbandonato la scuola, ha perso tutti i suoi amici ed è stato lasciato dalla sua ragazza. L'unico a rimanergli ostinatamente accanto è il padre, un tranviere che lo sorveglia come un cane da guardia, togliendogli il respiro (o almeno così lo percepisce il ragazzo). Una sera Marco sta recandosi ad un reading di poesie ma in preda alla tensione si ubriaca, e fa un incidente d'auto che lo spedisce dritto in ospedale. Suo padre e il suo editore lo spingono a trovarsi un lavoro, nel caso saltino fuori le analisi del suo stato di ebbrezza alla guida, che al momento dell'incidente la polizia ha trascurato. Farà l'addetto alle pulizie all'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, e si unirà ad una squadra che a poco a poco diventerà per lui come una seconda famiglia.
Se questa trama suona familiare è perché ricorda da vicino quella di Tutto chiede salvezza, e non è un caso: "La casa degli sguardi" era il romanzo d'esordio di Daniele Mencarelli che raccontava il suo passato in maniera fortemente autobiografica, come lo farà poi in "Tutto chiede salvezza", descrivendo il suo TSO.
Dunque il protagonista è di fatto lo stesso: soprattutto ha le stesse caratteristiche caratteriali e comportamentali, il che fa il curioso effetto di renderlo protagonista di una sorta di minisaga, considerato anche che Tutto chiede salvezza è già una serie alla sua seconda stagione.
Questa similitudine purtroppo è un problema per il film d'esordio alla regia di Luca Zingaretti, che in La casa degli sguardi si ritaglia il ruolo del padre interpretandolo con la sua magnifica duttilità di attore. L'impressione infatti è di "già visto", anche perché non solo il protagonista, ma l'ambiente ospedaliero (che in Tutto chiede salvezza era un struttura psichiatrica) è simile e soprattutto è quasi identica la dinamica attraverso cui Marco si relaziona al suo gruppetto involontario, là di pazienti, qui di addetti alle pulizie.
Quel che distingue Zingaretti da Francesco Bruni, il regista di Tutto chiede salvezza, è il ritmo di narrazione, che in Bruni è più veloce e a tratti più sopra le righe, e qui è rallentato, quasi dilatato: il che è una scelta che rispetta profondamene l'afflato poetico di Marco (ovvero di Daniele Mencarelli), che si muove con un passo e un respiro diversi da quelli del resto del mondo, perché assorbe e restituisce ogni cosa in maniera più profonda, e dunque anche più lenta e sofferta.
Zingaretti regista ha un pudore che ce lo rende caro, ma che rischia di tenerlo al di fuori della narrazione per immagini: non mostra l'unica scena di sesso disponibile, non indugia nell'intimità delle relazioni fra i colleghi e, cosa ancora più insolita per un narratore (e che discosta il film dal libro sul quale è basato), non approfitta del fatto che Marco si trovi in un ospedale pediatrico per raccontare il suo rapporto con i piccoli degenti, che avrebbe un enorme potenziale melodrammatico. Questo è da una parte encomiabile e lo rende un unicum nel panorama cinematografico, dall'altra va inevitabilmente a scapito della riuscita drammaturgica della storia.
In La casa degli sguardi tutto il pathos è affidato a Marco, e per fortuna Zingaretti ha trovato in Gianmarco Franchini, solo al suo secondo ruolo cinematografico dopo Adagio, una perfetta cartina di tornasole. Marco è senza pelle, tutto lo attraversa, e leggiamo sul viso di Franchini anche la più piccola emozione, nonché tutta la paura di vivere del suo personaggio. Franchini, più ancora che recitare, vibra, e rende "empatizzabile" un ruolo di per sé potenzialmente respingente. Intorno a lui Zingaretti, da grande attore, sceglie altri grandi attori di profonda umanità come Federico Tocci (Giovanni), Alessio Moneta, Chiara Celotto e Riccardo Lai (peccato per lo spazio ridotto dato a Cristian Di Sante).
La sceneggiatura di Gloria Malatesta e Stefano Rulli insieme al regista resta però un po' troppo convenzionale, con siparietti a volte televisivi: visto il contesto cinematografico si poteva osare di più, ed esplorare più a fondo la componente oscura che fa parte della scrittura di Mencarelli, e dell'esperienza durissima che le persone più sensibili attraversano in un mondo homo homini lupus.