A WORKING MAN

Locandina Un film di David Ayer. Con Jason Statham, Jason Flemyng, Merab Ninidze, Maximilian Osinski, Cokey Falkow, Michael Peña, David Harbour, Noemi Gonzalez, Emmett J. Scanlan, Eve Mauro, Andrej Kaminsky, Greg Kolpakchi, Piotr Witkowski, Chidi Ajufo, Ricky Champ, Max Croes, Kenneth Collard, Richard Heap, Joanna DeLane, Muki Zubis, Alexander Bracq, David Witts, Wayne Gordon, Daniel Lundh, Eddie J. Fernandez, Alana Boden, Sophie Craig, Neil Bishop, Andrea Vasiliou. Genere Azione - Gran Bretagna, USA, 2025. Durata 116 minuti circa.Un adrenalinico film con Jason Statham diretto dal maestro del cinema d'azione David AyerLevon Cade si è lasciato alle spalle una carriera nelle operazioni militari segrete per vivere una vita tranquilla. Quando la figlia del suo capo viene rapita scopre un mondo di corruzione molto più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare.di Emanuele Sacchi


Trama

Levon Cade, vedove e padre di una ragazzina, lavora come operaio edile e nasconde la sua identità di ex Royal Marine e agente speciale antiterrorismo. Almeno finché non viene rapita Jenny, la figlia del suo capo, da malviventi affiliati alla mafia russa. Levon decide di rimettersi in azione e comincia a collezionare cadaveri sul suo cammino, pur di tenere fede alla promessa fatta: riportare Jenny sana e salva tra le braccia dei suoi cari.
Il titolo alla Ken Loach non inganni: siamo in un film con Jason Statham, e sono sufficienti pochi minuti perché i panni dell'empatico capomastro edile siano abbandonati in favore di quelli dell'ex Royal Marine ammazzacattivi.
David Ayer prova a ripetere la formula da fumettone supereroico e ultraviolento di The Beekeeper, questa volta con la collaborazione di Sly Stallone in persona, che produce e co-sceneggia (il tentativo originario di Sly era quello di trasporre il testo di Chuck Dixon in una serie tv). Difficile dire se sia il contributo dell'uomo che ha creato Rocky ad alterare la formula, ma qualcosa esonda nell'equilibrio delle componenti in A Working Man, specie rispetto al predecessore.
Ma andiamo con ordine. La premessa di un film con Jason Statham rimane la medesima: costruire misfatti così gravi e criminali talmente indifendibili da rendere giustificabile ogni genere di violenza susseguente del protagonista, anche la più efferata. Perché Statham non si tira indietro e in questo senso A Working Man eccelle. Che si tratti di arma da fuoco o da taglio, Levon uccide senza pietà anche avversari disarmati, guidato da un senso di giustizia autoindotto e dalla consapevolezza che la legge non esista. A parte un amico che lavora alla polizia e passa un'informazione a Levon, per il resto le forze dell'ordine sono presenti solo in qualità di squallidi sbirri corrotti, che arrivano a riportare Jenny tra le grinfie dei suoi aguzzini. Il mondo è un Far West in cui gli abusi restano impuniti e i veterani di guerra sono diventati squallidi spacciatori o invalidi costretti ai margini della società. Un panorama desolante e nichilista, in cui solo Levon può intervenire per rimettere a posto le storture, in una notte di luna piena (così esageratamente ingigantita da far pensare all'arrivo imminente di un licantropo) in cui la conta dei cadaveri tenderà a infinito.
Il modello su cui è costruito il personaggio di Levon è chiaramente - ci perdoni John Ford, se può - l'Ethan di Sentieri selvaggi, uomo capace solo di uccidere e di dare la caccia ai malfattori; l'uomo a cui fare ricorso quando non restano altre opzioni, come se fosse un'arma di distruzione di massa. Statham rinuncia quasi totalmente alla sua ostentata britishness, appiattendosi in un ruolo da Jack Reacher o da Punitore, che strizza l'occhio in ogni modo all'orgoglio redneck di chi sventola stelle e strisce anziché l'Union Jack (piacerà agli elettori di Trump, questo è certo). Anche per questo voluto miscasting, paradossalmente, la migliore scena d'azione è la scazzottata iniziale al cantiere edile, in cui un Levon orgogliosamente proletario usa un secchio pieno di chiodi e ogni attrezzo a disposizione, come il miglior Jackie Chan, per menare gli sgherri venuti a riscuotere il debito di un collega. Questo è l'A Working Man che avremmo voluto vedere, anziché Statham contro dei cattivi da film con Bud Spencer, in un ruolo che qualunque action hero americano avrebbe potuto interpretare. L'insoddisfacente e frettoloso epilogo - la cui accelerazione improvvisa stride con le prolissità del resto del film - lascia per strada molti fili sospesi. Personaggi abbandonati senza che il loro destino sia adeguatamente compiuto e dialoghi che arrancano senza una battuta risolutiva, mentre i non sequitur si sprecano, al pari delle incongruenze temporali tra le sequenze. D'accordo che di fronte a un action dichiaratamente inverosimile sia d'obbligo sospendere l'incredulità, ma oltrepassare così il limite del buon senso - Perché i criminali non uccidono Jenny? Come fa Levon ad arrivare in loco in tempo in situazioni in cui è inconcepibile riuscirci? - attenua di fatto il coinvolgimento. Difficile pensare che la collaborazione Ayer-Statham prosegua, ma sarà soprattutto il pubblico a emettere la sentenza.