Un film di Angelina Jolie. Con Salma Hayek, Demián Bichir, Juan Minujín, Andrés Delgado, Nika Perrone, Simon Rizzoni, Jorge Antonio Guerrero, Alfredo Herrera, Bernardo Tuccillo, Patricio José, Juan Carlos Huguenin, Benjamin Jr. Vasquez Barcellano. Genere Drammatico - USA, 2024. Durata 91 minuti circa.
Da qualche parte nel mondo e alla fine di una guerra mai precisata, un uomo è assediato. Un pugno di criminali, con le armi e le loro ragioni, come se avessero bisogno di una ragione per uccidere, avanza verso una fattoria isolata. Riparato in casa, Manuel Roca nasconde la sua bambina sotto le assi del pavimento e chiede al figlio maggiore di trovare un rifugio sicuro. Ma il destino, armato fino ai denti, ha la meglio su di lui e sul suo ragazzo. Nina, scoperta e subito nascosta ai compari dal giovane Tito, è l'unica sopravvissuta al massacro. Anni dopo, una donna matura si presenta da Tito, che ha sepolto le armi e gestisce un chiosco di giornali. Due tè e diverse sigarette dopo, Nina e Tito faranno i conti col loro passato.
Come accoglieremmo Without Blood se non conoscessimo il nome della sua autrice?
Guardando questo film, e quelli che lo hanno preceduto, opere che descrivono senza ellissi le atrocità commesse durante la guerra in Bosnia (Nella terra del sangue e del miele) o i santi martiri della Seconda Guerra Mondiale (Unbroken), difficilmente lo attribuiremmo a una superstar dell'industria dello spettacolo. Una diva ipnotica e irreale, una creatura dal volto quasi fotocomposto, un (s)oggetto non identificato nonostante sia stato studiato, commentato, dissezionato. Così altrove che si rimane quasi sorpresi quando inizia a parlare, dunque Angelina Jolie esiste e vuole comprendere la vita mortale.
È la sua ossessione, mascherata dietro la diva del cinema, la famiglia che formava con Brad Pitt e i loro sei figli, le copertine glamour delle riviste e i deliri dei tabloid. Una missione che i comunicati stampa delle Nazioni Unite, che tracciano i suoi viaggi, non necessariamente rivelano. Impegnata da sempre ai quattro angoli del mondo, tra rifugiati, zone di conflitto e crimini contro l'umanità, sceglie di nuovo la guerra, quella imprecisata del romanzo omonimo di Alessandro Baricco, un testo che spara a vista, almeno nel primo movimento, e quella interiore di un uomo e una donna spezzati e alla ricerca del pezzo mancante.
Come nei suoi debutti, dove raccontava la guerra in Bosnia-Erzegovina alla luce della relazione sentimentale tra un soldato serbo e una prigioniera bosniaca, Angelina Jolie rivisita la Storia, attraverso un destino individuale, un racconto edificante messo in scena secondo i codici più standard del genere. Ma la guerra che orchestra questa volta è una finzione e vale tutte le guerre del mondo. Vale la familiare follia della guerra in tutta la sua sterilità: la retorica idealista di chi uccide per le idee e quella fredda e calcolatrice di chi uccide per vendetta.
Siamo in montagna o forse in campagna, i nomi hanno una connotazione ispanica, ma il teatro dell'azione potrebbe trovarsi in qualsiasi deserto del mondo, un luogo sperduto o vicino a terre abitate e cariche di storia come un fucile. Tra western e polar, regolamento di conti ed epurazione, si consuma una tragedia e si sviluppa un duello dialettico 'anemico' come suggerisce il titolo. Un disturbo, una riduzione patologica che toglie ossigeno al 'tessuto' delle parti.
Le premesse sono promettenti, la prosa di Baricco, un cast ispirato (Salma Hayek e Demián Bichir), il destino fuori norma di una donna e un debutto che mette a ferro e fuoco la vita della protagonista. Poi il film sprofonda in un torpore confidenziale, si allenta fino all'inerzia a cui lo spettatore finisce per arrendersi, in attesa di una risoluzione rimandata e lasciata fuori campo.
Se il senso del romanzo è altrove, "Senza sangue" è il libro di uno scrittore, un esercizio di scrittura su una storia, quella di un'infanzia che ti lascia in frantumi, l'adattamento di Angelina Jolie è un dramma 'da caffè' quasi toccante nella sua naïveté. Lontano dal romanzesco disparato delle sue opere precedenti, Without Blood ricorre all'artiglieria pesante soltanto al principio, poi cede all'invenzione di un sentimento nuovo tra l'amore e il perdono, la vendetta e la pietà, lo scoramento e la gratitudine, sensazioni che non hanno ancora un nome e che solo un vero scrittore può evocare come scintille sulla punta delle dita.
Sullo schermo flirtano invece con l'atonia depressiva e l'ambizione sempre didattica dell'attrice, che ha immaginato le pagine di Baricco come una successione di vignette, atteggiamenti, posture, sigarette accese e spente, campi e controcampi. Nessun colpo di scena, nessuna scossa a scuotere la superficie liscia. Anche se i dialoghi ripetono alla lettera passaggi del romanzo, le esigenze dell'adattamento accelerano la storia a scapito della profondità e dell'ambiguità dei personaggi.
Mancando la sostanza, il film affonda nel decorativo: bicchieri, portacenere fumante, pizzi, altalene, dettagli anatomici trafitti da un raggio di sole, ed è subito manierismo. Daccapo, dato un soggetto (una donna in cerca della sua vendetta e un uomo in attesa di subirla), un luogo isolato (una fattoria in fiamme) e un'epoca (imprecisata e ossessionata da una portasigarette vintage), Angelina Jolie struttura il suo film come un personaggio che cammina lungo un corridoio di porte da aprire una ad una.
Qualche volta spinge porte già aperte e inciampa nella patinatura, rivelando in fondo a una tazza il senso di tutte le informazioni che prima erano destinate a creare il mistero. Se Baricco è un seduttore, i suoi libri sono piccoli oggetti d'arte finemente lavorati, lucidati come gioielli, Jolie è un'ambasciatrice di buona volontà, l'icona della febbre umanitaria contratta dalle star del cinema mondiale, che si concedono progetti dove la vanità fa rima con libertà.