BLUR - TO THE END

Locandina Un film di Toby L.. Con Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James, Dave Rowntree, Pauline Black, Phil Daniels. Genere Documentario - Gran Bretagna, 2024. Durata 104 minuti circa.


Trama

Dalle session di registrazione in campagna dell'album "The Ballad of Darren" alle esibizioni a Wembley, la macchina da presa indaga la dimensione privata e pubblica del gruppo inglese, evidenziando le fragilità e i nuovi equilibri nelle vite di Damon Albarn e soci.

Considerato anche il titolo scelto - e desunto da un classico del gruppo, sull'album "Parklife" del 1994 - era prevedibile che Blur: To the End trattasse del tempo che scorre e della caducità delle rock band.

E così è, esplicitamente e da subito, come mette in chiaro la sequenza di apertura, con un Damon Albarn che guida nelle campagne del Devonshire affermando che "Il tempo non è infinito". Dopo 36 anni di carriera e due reunion i Blur, leggenda del rock britannico e capifila del cosiddetto britpop negli anni 90, si confrontano con la complicata situazione di un rientro in grande stile, che implica concerti di fronte a migliaia di fan (Wembley Stadium) e un'esposizione a cui non si è più avvezzi. Con l'ipotesi invisibile ma immanente (e inevitabile per ogni rock band i cui membri si avvicinano alla sessantina) di un possibile commiato che permea l'intera esperienza, tingendola di malinconia e di ansia, per la necessità dei Blur di essere all'altezza della propria fama.

La regia di Toby L non esita a scrutare negli angoli della psiche di Albarn e soci, che si mettono a nudo di fronte alla macchina da presa. In particolare, proprio il frontman, alle prese con i postumi di una complicata separazione sentimentale, appare vulnerabile come mai prima d'ora: quando nel finale lo vedremo riprendere sul palco "Tender", dolente gospel sulla fine di una storica relazione del passato (con Justine Frischmann di Elastica), l'impressione di ciclicità di musica e dolore, morti e rinascite spirituali, si fa più intensa e ineludibile.

Lacrime e nostalgia, quindi, sensibilità e fragilità, come detta l'agenda emotional della nostra contemporaneità e come impone lo status da midlife crisis dei protagonisti, che hanno tutti superato il mezzo secolo di vita. Toby L insiste sul punto in più sequenze, indugiando sugli aneddoti che si scambiano i membri del gruppo, come dei vecchi amici al bar che non si rivedono da anni. O addirittura con una nostalgica visita alla scuola di Colchester in cui Albarn e Graham Coxon si conobbero per la prima volta, e contorno di footage sulle prime esibizioni dei Real Lives, risalenti a quando erano teenager. Il quadro che ne emerge è di totale umanizzazione di una band che non ha mai fatto mistero del proprio status di anti-rockstar ma che mai si è vista così aperta e messa a nudo.

Il grande valore della specificità Blur, intuibile già ai tempi folli di gioventù, è sempre stato qui, nella coerenza di valori e di approccio alla vita, nel rifiuto degli stereotipi rock e nella costante ricerca di uno stile unico e difficilmente assimilabile a un modello. Ritrovarli ora trasformati dalla vita - Alex concentrato sulla paternità che assorbe tutto; Damon come workaholic instancabile tra Gorillaz e altro, più forte di ogni solitudine; Graham preso da nuovi progetti e motore creativo - non fa che confermare l'immutata sensazione di trovarsi di fronte a delle belle persone, prima ancora che a dei musicisti straordinari.