FALLING - STORIA DI UN PADRE

Locandina Un film di Viggo Mortensen. Con Lance Henriksen, Viggo Mortensen, Terry Chen, Sverrir Gudnason, Hannah Gross, Laura Linney, David Cronenberg, Carina Battrick, Ella Jonas Farlinger. Genere Drammatico - USA, 2020. Durata 112 minuti circa.Viggo Mortensen alla prova da registaUn dramma familiare sui rapporti padri-figli.di Marzia Gandolfi


Trama

Willis Peterson, un vecchio uomo collerico e un po' amnesico, vive solo in una fattoria isolata. Affetto da degenerazione senile, Willis è soccorso dal figlio John, cresciuto con lui nella campagna rurale e 'volato' in California, dove vive col suo compagno, Eric, e la figlia adottiva, Mönica. Ma le buone intenzioni di John, pilota d'aereo a suo agio nel focolare domestico, si scontrano presto col carattere reazionario e ostinato di Willis, che non ha nessuna voglia di rinunciare alle sue abitudini e non perde occasione per umiliare il figlio. A parlare non è solo la malattia ma John resiste. Maturo e indifferente al biasimo del genitore, lo affronta un'ultima volta prima del congedo finale.

Attore segreto refrattario ai blockbuster, almeno fino a Il Signore degli anelli che lo rivela al grande pubblico nel ruolo di Aragorn, Viggo Mortensen debutta alla regia allargando l'orizzonte delle sue inclinazioni.



Pittura, fotografia, poesia, musica, l'attore pratica tutte le discipline col medesimo rigore delle sue performance. La sua firma è una sorta di distanza cool che gli permette di uscire dalla sua zona di confort e prendersi dei rischi come in Falling, 'film d'attore' che avanza per analogie intime senza essere direttamente autobiografico.

Concepito la sera della morte di sua madre e ispirato ai suoi ricordi d'infanzia, Falling racconta la tragedia di uomo che rifiuta di vivere con la stessa tenacia con cui rifiuta di morire. Abbandonato anni prima dalla consorte, per cui era incapace di mostrare una sincera attenzione, Willis ha interrotto la sua vita e si è reso detestabile al mondo, in cui dimora come fiume impetuoso. Nell'America di Trump, incarna una delle parti di un perpetuo conflitto ideologico, quella conservatrice e intrinsecamente xenofoba. L'altra, quella relazionale e umana, progressista e liberale, ha il volto quieto di suo figlio che cerca una riconciliazione impossibile. La frattura tra loro e tra le due Americhe si allarga fino a lasciare in mezzo una vertigine di incomprensioni.

Coi suoi numerosi flashback, il film fa eco a una vita di sofferenza, mettendo a confronto due mascolinità incompatibili, due spettri che si cercano e si incontrano senza vedersi. Il padre è perduto negli abissi del tempo e irriducibile al mondo, il figlio considera i lati migliori della realtà e tenta disperatamente di approcciare il genitore e di ricomporne il senso. Dentro un universo di segreti e non detti, l'uno non può impedirsi di aggredire costantemente l'altro che resiste stoicamente.

Viggo Mortensen tiene per sé il ruolo del figlio a cui conferisce una statura impressionante, un mélange di dolcezza e potenza (in)quieta, appresa nel cinema di David Cronenberg, dove il passato tormentato e violento del suo personaggio risorge progressivamente fino a inghiottire il cittadino modello e responsabile (A History of Violence). Ed è esattamente la crudeltà cronenberghiana a mancare al suo film, classico e molto scolastico. Mortensen non ha la violenza interiore del regista canadese e non scappa ai cliché.

Film onesto e sincero, Falling consegna a Lance Henriksen tutto il fiele di un patriarca autoritario che erutta, insulta, delira. È sul suo volto minerale e lungo le rughe verticali che lo graffiano che scorre la tossicità di una relazione filiale. Fuori da quel volto, Falling scivola fino a cadere in una parodia di se stesso. È soprattutto la seconda metà del film a non funzionare, indecisa sulla 'pista' da prendere e su cui atterrare.

Attorno alla composizione di due attori straordinari che apportano ai loro rispettivi personaggi un'inconsolabilità senza consolazione, Falling soffre un'articolazione schematica e una ripetitività di intenzioni, collezionando lunghe scene conflittuali. Una guerra di nervi che avanza passiva, svolgendo un dramma familiare decisamente programmatico e prevedibile. Prevedibilità che non risparmia nemmeno il trattamento dell'omosessualità, per cui Mortensen ha il più grande rispetto ma non altrettanta immaginazione, dimorando nel luogo comune e prescindendo dalle sfumature.

Se Falling non dice nulla di nuovo sulla mascolinità e la sua evoluzione, grande soggetto inespresso dietro la storia di filiazione, a restare è ancora una volta il 'gioco alieno' di Viggo Mortensen, enigmatico e misterioso mentre cerca al fondo del suo eroe un resto d'amore per rispondere all'aggressività permanente del padre.