LA CORDIGLIERA DEI SOGNI

Locandina Un film di Patricio Guzmán. Genere Documentario - Francia, Cile, 2019. Durata 85 minuti circa.


Trama

Dopo essere andato a Nord, nel deserto di Atacama, per Nostalgia della luce, ed essere stato a Sud, in Patagonia, per La memoria dell'acqua, Patricio Guzmán chiude con La cordillère des songes la trilogia sul territorio fisico cileno indagato come testo emotivo, mémoir di un periodo storico - la dittatura di Pinochet- che ha riscritto una cultura antica di ventimila anni e ferito il paese in ogni centimetro della sua superficie.
Per il regista cileno, che ha lasciato la sua terra dopo il colpo di Stato del '73 e non è mai tornato a viverci, superare la cordigliera delle Ande significa entrare nel paese dell'infanzia, viaggiare nel passato, in un luogo che non ha più carattere di realtà materiale, trasfigurato com'è dai tanti anni di distanza e di reinvenzione.

Come già per i film precedenti, alla bellezza della geografia fisica corrisponde l'orrore della geografia politica, perché sotto il cielo più limpido del pianeta ci sono i morti senza sepoltura del regime, e chiuso e protetto dalla cordigliera, altera, composta e maestosa, c'è il ricordo della furia della polizia, del sentiero delle deportazioni di massa, delle urla dei manifestanti brutalmente picchiati.

Attraverso le conversazioni con gli amici artisti di Santiago, Guzmán porta in superficie un sentire comune rispetto alla catena montuosa: l'idea che isoli il Cile dal resto del mondo, così come la sua dittatura lo ha reso un caso, non unico, ma tragicamente singolare. E isolato, solitario, è anche lui stesso, condannato ad un sogno ricorrente che si è fatto tormento, fantasma, condivisibile fino in fondo solo con chi, come lui, ha dedicato la vita al lavoro duro del fare memoria.
Pablo Salas, per esempio: un uomo con la macchina da presa, un filmaker e un archivio umano, testimone di sparizioni e torture e poi del radicarsi di un modello economico fallace e feroce e della svendita all'estero o ai privati di grandi parti del territorio cileno e del suo tesoro minerario.

Guzmán confessa però in questo terzo capitolo anche un altro sogno, più visionario, che è quello di riportare il sorriso sul volto di un paese triste, ferito a tal punto nelle profondità dell'animo collettivo da risentirne ancora visibilmente. È una tristezza che non appartiene alla cultura di socialità, scambio e collettività che è stata del Cile pre-golpe, proprio come non gli appartiene il modello neoliberalista che gli è stato innestato sopra e ha proliferato sull'organismo sociale come in un esperimento scientifico di mutazione transgenica.

Restaurare quel sorriso perduto, per il regista, vorrebbe dire riportare all'immagine originale la casa della sua infanzia, ridotta a catasto di macerie e deposito di spazzatura: un desiderio rispetto al quale l'uomo Patricio Guzmán può fare nulla, ma la magia del (suo) cinema può fare miracolosamente qualcosa.