SPIN TIME - CHE FATICA LA DEMOCRAZIA!

Locandina Un film di Sabina Guzzanti. Genere Documentario - Italia, 2021. Durata 92 minuti circa.Il nuovo film di Sabina GuzzantiUn palazzo occupato e uno spettacolo della regole particolari. Un film inaspettato.di Raffaella Giancristofaro


Trama

In un palazzo nel centro di Roma, quartiere Esquilino, dal 2013 si realizza ogni giorno un complicato ed esemplare esperimento sociale: nei sette piani e diciassettemila metri quadrati di uno stabile occupato, in precedenza adibito a uffici statali, poi di proprietà di un fondo immobiliare, convivono centottanta nuclei familiari di venticinque nazionalità diverse: rifugiati politici, singoli indigenti, persone che per vari motivi si ritrovano senza casa. Questo autonominatosi "cantiere di rigenerazione urbana" ha due anime non sempre complementari: la parte superiore ospita gli alloggi, i cui occupanti si autoregolamentano attraverso turni di servizi comuni (pulizia, manutenzione, sicurezza) e riunioni a frequenza settimanale. Coordina l'associazione occupante Action, presieduta da Andrea "Tarzan" Alzetta, ex consigliere comunale di Roma e storico esponente della sinistra impegnato nella lotta per la casa.

Nei piani sotterranei sta lo spazio socioculturale Spin Time Labs, diretto da Paolo Perrini. Sede di attività formative (corsi professionali e culturali, l'auditorium con orchestra, laboratori di teatro, una palestra, la redazione del giornale "Scomodo") e di altri appuntamenti più noti alla città e controversi, come le performance queer o le serate di musica elettronica. Corsi ed eventi che permettono all'associazione di fare cassa ma creano conflitto col vicinato e con chi, da fuori, protesta e reclama condizioni di legalità.

Le immagini dello stabile, abbandonato dal 2010 e occupato dal 12 ottobre 2013, sono rimbalzate anche oltre le cronache nazionali quando, a maggio del 2019, il cardinale polacco Konrad Krajewski, tesoriere di Papa Bergoglio e dotato di immunità diplomatica, è intervenuto personalmente a ripristinare la fornitura di energia elettrica, sospesa per bollette non pagate. Ad avvisarlo della situazione, Adriana Domenici, laica consacrata che interagisce coi responsabili dello spazio sociale, facendo da tramite con le associazioni cattoliche.

Grazie alla libertà della produzione indipendente, a una troupe leggera, e soprattutto al rapporto di fiducia con Andrea Alzetta (entrambi sono stati tra gli imputati, infine assolti nel 2021 dopo nove anni, per l'occupazione dell'ex Cinema Palazzo), Sabina Guzzanti porta la sua macchina da presa nell'edificio simbolo romano dell'esproprio come alternativa all'assenza di decisioni politiche, realtà incandescente, ricca di spunti narrativi.

Una coabitazione-mondo che si fa osservatorio d'eccezione per illuminare e far esplodere molte contraddizioni del presente: oltre all'atavico problema degli alloggi ("il diritto alla casa è sacrosanto", si legge sullo striscione all'entrata), la precarietà abitativa e lavorativa date come realtà di fatto, emergenze sociali rispetto alle quali luoghi come Spin Labs indicano una soluzione, per quanto auspicabilmente transitoria, e non vergogne da nascondere, o peggio, boicottare.

Allargando lo sguardo, il diritto a un'esistenza dignitosa che comprende possibilità di cultura, lavoro e salute ed è strettamente connesso alla complessa legislazione che coinvolge gli stranieri in Italia, compreso il piano casa Renzi - Lupi (non citato direttamente dal film ma evocato dall'episodio della fornitura di servizi basilari).

Dopo Viva Zapatero! (evento speciale a Venezia 2005), Le ragioni dell'aragosta (Giornate degli Autori 2007) e La trattativa Stato Mafia (Fuori concorso nel 2014), Sabina Guzzanti presenta il suo ultimo lavoro alle Notti Veneziane, sezione off delle Giornate degli Autori in collaborazione con Isola Edipo. Un documentario partecipativo che arriva nello stesso anno del restauro di La cosa di Nanni Moretti, 1990, analogamente dedicato alla nobiltà difficile del confronto civico, e insieme instant movie, girato in cinque settimane a ridosso della pandemia. con un chiaro riferimento al modello della forma politica ateniese.

E proprio perché "nell'antica Grecia il teatro era importante quanto il parlamento", nel film, che già indaga un equilibrio fragile e ricco di aspetti complessi e tensioni, acquista un ruolo decisivo l'attività teatrale della regista greca Christina Zoniou, che attraverso la pratica del teatro sociale dà voce a chi non ne ha, evidenziando le storture e i pregiudizi del dibattito sui temi che lo spazio contiene e rappresenta. Il momento di improvvisazione in cui lei e Guzzanti interagiscono ne è il clou deflagrante, quando l'aggressività del suo personaggio smaschera il pregiudizio della povertà come colpa e i meccanismi di funzionamento del potere, a qualsiasi livello lo si eserciti.

L'interazione con scorci di convivenza tra occupanti è per forza di cose principalmente legata alla parte assembleare, in vista delle nuove elezioni del comitato ristretto. Mentre l'anarchico camaleontismo vocale della regista e il suo tagliente sarcasmo tornano, meno pervasivi, in nuove forme. Come nell'immagine del bassorilievo bronzeo che campeggia nell'edificio, e che si trasforma in un coro di figure animate e voci di "fuori posto" (tranne una, più nota), controcanto al piano del reale. Incipit e chiusura, in forma di inchiesta e videoclip, offrono un campione delle ultime generazioni di italiani, vera scommessa sul futuro. Saggio concreto, testimonianza semi-estemporanea della necessità urgente di riappropriarsi dell'esercizio democratico, impegnativo quanto essenziale.