SIBYL - LABIRINTI DI DONNA

Locandina Un film di Justine Triet. Con Virginie Efira, Adèle Exarchopoulos, Gaspard Ulliel, Sandra Hüller, Laure Calamy, Niels Schneider, Paul Hamy, Arthur Harari, Adrien Bellemare. Genere Commedia - Francia, 2019. Durata 100 minuti circa.


Trama

Sibyl ha abbandonato la scrittura per diventare psicologa, ma con il tempo la voglia di scrivere è tornata: dunque la donna chiude le terapie in corso con i suoi pazienti e comincia a immaginare la trama del suo nuovo romanzo. Ma a sorpresa una giovane attrice, Margot, la contatta telefonicamente con voce disperata: è incinta del coprotagonista del film che sta girando, e la compagna ufficiale dell'attore è proprio la regista di quel film.
Per motivi che nemmeno lei sa spiegarsi, Sibyl prende in cura questa unica e ultima paziente, e diventa per lei un punto di riferimento imprescindibile soprattutto per quanto riguarda la scelta della ragazza se abortire o portare avanti la gravidanza. In realtà anche per Sibyl Margot diventa a poco a poco necessaria, con una sorta di transfert alla rovescia. La psicologa/scrittrice, che ha alle spalle una gravidanza problematica e un passato di alcolista, si identifica fin troppo nella sua paziente.
Inizia così un gioco di specchi che coinvolgerà non solo Sibyl e Margot ma tutti intorno a loro: l'attore fedifrago, la regista tradita, la sorella di Sibyl, il suo compagno e sua figlia Selma. Una galleria di personaggi che confluirà dritta dritta nel romanzo che l'autrice sta scrivendo.
Sibyl, il cui titolo rimanda subito a quello quasi identico del memorabile film di Daniel Petrie su una paziente psichiatrica dalle multiple personalità, affronta un tema infinitamente ripetuto nel cinema: quello del doppio, che in questo come in molti altri casi prende forma femminile, con una donna più adulta e una più giovane al centro della narrazione.
La regista neoquarantenne Justine Triet mette una grande quantità di carne al fuoco: personaggi, temi - la passione, i rapporti di coppia, la rivalità femminile, la maternità, il vampirismo artistico, la natura elusiva della creatività, la promiscuità del mondo del cinema - e generi - commedia, melodramma romantico, dramma psicologico. Ma il troppo stroppia, e nessuno di questi argomenti o toni narrativi è messo a fuoco in modo chiaro o veramente innovativo.
All'inizio del film un personaggio sminuisce le capacità di scrittrice di Sybil come chick lit, e purtroppo Sybil porta acqua al mulino di chi accusa certo cinema femminile di insistenza sulla componente banalmente sentimentale e scarsa aderenza alla vita reale. La regia è convenzionale e la sceneggiatura, firmata dalla stessa Triet, è piena di implausibilità, a cominciare dall'inettitudine professionale della psicologa/scrittrice.
Il personaggio più credibile, non a caso, è Mika, la regista tradita, e si vorrebbe che fosse lei protagonista di un «dramma della gelosia » dai forti contenuti ironici, anche perchè a interpretarla è l'attrice tedesca Sandra Huller, memorabile in Vi presento Toni Erdmann. Huller riesce a mantenere un equilibrio esilarante fra tragedia e commedia, incarnando la surrealità autolesionista del mondo del cinema e più in generale del desiderio passionale. L'altro elemento a favore del film è una rappresentazione della sessualità da un punto di vista femminile: il corpo di Virginie Efira, che interpreta Sibyl, è mostrato nella sensualità delle sue imperfezioni adulte e in una gestualità erotica riconoscibile.